venerdì 16 novembre 2007

"Semo romantici"

Venerdì scorso sono stato a Collalto, un centro dell’Opus Dei frequentato da giovani. Ero stato invitato a dire qualcosa sulla Ballata del vecchio marinaio di Coleridge. Ho parlato, forse troppo, di varie cose in cui credo (mi illudo?) di essere competente o, almeno, di avere qualche idea da comunicare. Poco ho parlato invece di Coleridge e della sua Ballata, materia sicuramente interessante ma che non padroneggio più di tanto. Spero comunque che i ragazzi, pochi ma motivati, siano riusciti a scorgere, tra le molte fesserie che mi hanno sentito, qualche barlume incontaminato del respiro poetico di Coleridge.
Secondo me, Coleridge, non tanto nella veste di poeta quanto in quella di teorico della letteratura, è da apprezzare sopratutto per la distinzione tra immaginazione riproduttiva (fantasia) e creativa (vera immaginazione: creatrice, per esempio, di questo vecchio marinaio con tutto il suo universo di spettri e di incantesimi). Mi sembra una distinzione importante perché risponde a una sensibilità che ha fatto fortuna non soltanto ai tempi della letteratura romantica. Infatti è ancora presente nel mondo di oggi.
Leggevo poco fa un articolo proprio su questo: su come, per il suo capovolgimento della tradizionale visione dell’arte —poetica o altra— come imitazione (la “mimesi” aristotelica), il romanticismo sia da considerare non uno strato morfologico in più nella storia della cultura (rinascimento, barocco, neoclassicismo, romanticismo, realismo, modernismo...), ma uno spartiacque che definisce il “cosmo” attuale (“the romantic cosmos”, appunto, per dirla con Northrop Frye) e lo rende diverso da quello precedente. Per esempio, il romano che a metà ottobre ha “insanguinato” con un barattolo di anilina la Fontana di Trevi si è autodenominato “futurista”, ma chiaramente è un romantico: è uno che, convinto dell’assoluta validità di una spinta interiore “geniale”, ha sfidato, o almeno ha voltato le spalle, all’ordine del creato.
Tornando sulla Ballata, aggiungo qualcosa sulle traduzioni italiane (ne ho sfogliate parecchie in libreria). Ecco la mia classifica: primo posto per Luzi (Rizzoli, in una bella edizione che riproduce le illustrazioni di Doré), per la sua resa trasparente delle immagini originarie di Coleridge; secondo per Alessandro Ceni (Feltrinelli), molto sensibile al ritmo recitativo; terzo posto, deserto (tutte le altre traduzioni, anche quella dell’amato Fenoglio, mi sembrano deludenti).
E siccome alla voce Ballata del vecchio marinaio alcuni possono aver pensato subito agli Iron Maiden, per offrire qualcosa anche a loro ecco in formato mp3 The Rime of the Ancient Mariner, la canzone della vecchia band ispirata al poema di Coleridge. È lunghetta:14 minuti, vale a dire 12,5 MB. Non mi sembra che il link abbia niente di illegale..., ma neanche in questo sono esperto.

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