domenica 27 febbraio 2011

Una filosofia della vita

“Di tre cose ha bisogno, essenzialmente, uno scrittore: buona salute, capacità di lavoro e una filosofia della vita”. La frase è di Jack London, e si trova a conclusione di un articolo apparso nel 1903 su una rivista americana. London, allora ventisettenne, aveva appena pubblicato The Call of the Wild, cioè Il richiamo della foresta, il suo grande capolavoro, e gli era stato chiesto un articolo sul mestiere di scrivere.

Diciamo la verità: la filosofia della vita di London non mi convince per niente, eppure mi sembra un elemento profondamente legato al valore letterario delle sue opere migliori. Del resto, lui stesso ha scritto, sempre in quell’articolo del 1903, che “conta poco che la filosofia della vita sia sbagliata”: ciò che conta, afferma, è “che se ne abbia una e che essa sia saldamente sostenuta”.

Il richiamo della foresta è la storia di Buck, un cane che la brutalità dell’uomo e la legge della natura (“divorare o essere divorato”, così London la sintetizza in un altro romanzo, Zanna bianca) conducono alla riscoperta di se stesso, in un processo che, da animale domestico in una villa californiana, lo farà diventare capo di un branco di lupi in Alaska.

La filosofia della vita di London, come facilmente si capisce, è quella dell’uomo off limits (Buck è un cane, ma ovviamente è anche una figura dell’uomo, perché per definizione sempre i romanzi parlano dell’uomo): una filosofia di radice probabilmente darwinista, con tanto di selezione naturale nel regno del Wild, e senz’altro nietzschiana, consone al razzismo offensivo di altri testi (narrazioni, ma anche saggi) di London.

Ma d’altra parte Il richiamo della foresta ha un tale lirismo nella descrizione dei paesaggi, una tale vivezza nei ritratti dei personaggi, un tale senso del conflitto drammatico, e insomma, un innesto così naturale della filosofia del Wild, che si direbbe che, in effetti, conta poco che questa sia sbagliata.

London è morto giovane, a solo quaranta anni, quasi un secolo fa. Ma resiste bene il corso del tempo, almeno in Italia: ogni anno arrivano in libreria nuove edizioni o ristampe dei suoi titoli. Il richiamo della foresta è stato adesso oggetto delle attenzioni di Feltrinelli, che nei giorni scorsi ha pubblicato una nuova traduzione di Davide Sapienza (il marito di Cristina Donà, per gli amanti della musica). Il volume contiene anche, come bonus, due racconti brevi, sempre di cani (London ne ha un sacco): Bátard e Preparare un fuoco.

domenica 13 febbraio 2011

La esperanza como música de fondo

Memoria del paraíso (Siltolá, 2010) es el primer libro de Corina Dávalos, una poeta ecuatoriana asentada en España. Ecuatoriana: o sea, equidistante de los polos. De esa equidistancia encuentro una curiosa confirmación en su simétrico apego a Wislawa Szymborska, su punto de referencia implícito y explícito, y a las formas clásicas, o al menos al endecasílabo, la muleta métrica de casi la mitad de las poesías de este volumen.

El libro tiene tres partes. La primera es la más romántica y la que a mí más me ha gustado. Me sugestiona, por ejemplo, ese “lugar de siempre” de Encuentro, en el que “siempre” es, de nuevo, el adverbio de las grandes esperanzas. Porque, no lo he dicho pero lo digo ahora, Memoria del paraíso es, en sustancia, un poemario sobre la esperanza.



ENCUENTRO

SALÍ al lugar de siempre,
por si te encontraba,
y no.

Pasé por el lugar de siempre,
por si habías vuelto,
y hoy no.

Volví al lugar de siempre,
miré (quizá estarías pasando tú también).
Pero no.

Y así cada día:
salgo, paso, vuelvo, miro...
no vaya a ser
que justo hoy,
cuando tú sí,
resulte que
                  yo no.


Componen la segunda parte del libro quince haikus. He aquí uno, característico de la mirada de la autora sobre su propio mundo.

APARECE tu sombra:
la habitación
llena de luz.


La tercera parte es menos uniforme y contiene alguna cosa de relleno que quizá no merecía subir al libro.

Con las demás, sin embargo, basta y sobra para avalar a esta nueva, auténtica poeta. La esperanza es su música de fondo: por eso su palabra delicada penetra derechamente en la parte mejor del alma.