sabato 30 aprile 2011

Wojtyla da ragazzo

Quando ha scritto Sulla tua bianca tomba, nella primavera del 1939, Karol Wojtyla non è papa né cardinale. Non è neanche sacerdote, e nemmeno seminarista. Ha diciotto anni ed è matricola nella Facoltà di Lettere dell’Università di Cracovia.

Delle sue poesie giovanili c’è, in italiano, una raccolta pubblicata da Marta Burghardt per Studium nel 2004. Ho ritrovato lì, per esempio, L’arpista, che ricordo aver sentito con commozione alcuni anni fa, letta da un bravo attore. Ma è una poesia troppo lunga per farne un post in questo spazio. Perciò ho scelto di trascrivere un altro testo, un componimento più breve ma di sentimento non meno intenso: una poesia scritta in ricordo della madre Emilia, prematuramente scomparsa.

La trascrivo però nella versione più stringata (esistono varie versioni di questa poesia), e in una traduzione che non è quella di Studium, ma un’altra fatta da un autore polacco e levigata da Margherita Guidacci.

Domani quel ragazzo sarà beatificato da Benedetto XVI. Io mi anticipo a canonizzarlo già oggi nel mio particolare olimpo poetico.

Sulla tua bianca tomba

Sulla tua bianca tomba
sbocciano i fiori bianchi della vita.
Oh quanti anni sono già spariti
senza di te – quanti anni?

Sulla tua bianca tomba
ormai chiusa da anni
qualcosa sembra sollevarsi:
inesplicabile come la morte.

Sulla tua bianca tomba,
Madre, amore mio spento,
dal mio amore filiale
una prece:

A lei dona l’eterno riposo.



venerdì 15 aprile 2011

Pero no el poso

Mamá azul, sol de domingo,
parque rosa,
y en rosa flor de luna,
flor de rosa llena
de aromas de la hora
en que mi amiga la luna
se peina guapa,
mi amiga la luna,
para ver la vuelta al mundo
del primer tú.

Amor, palabras, libros:
palabras sobre palabras
para engañar a los nombres
y jugar a todo o nada.
Todo, nada, Dios:
todo entero.
Y yo también te espero
en un todo sin sombrero.
La pita ya es palmera,
y ya a la palmera le pesa la palma,
pero el tiempo sigue siendo un mientras,
y la distancia se llama horizonte.

Arreboles cárdenos,
gaviotas grises.
Una cerilla
sola en la caja
bajo las olas
de tu bolsillo.
Grillerío de arbustos.
Entre las sombras del mundo,
la mía repta en silencio
sobre el barbecho del tiempo.
Muda es la negra,
ciego es el sueño,
sordos los grillos.
Hoy siento el paso y el peso de los años,
pero no el poso.