venerdì 23 novembre 2007

Charles Taylor e Samuel Taylor (ancora sul romanticismo)

A proposito di Samuel Taylor Coleridge e della Boiata del vecchio marinaio —scusate, non parlo della sua composizione, ma della serata a Collalto di due settimane fa—, mi è venuto in mente di spendere qualche parola su un altro Taylor: Charles Taylor, autore di Radici dell’io (Feltrinelli, 1993, versione originale in inglese dell‘89).
Il libro mi è stato segnalato da un ex-politico catalano, Josep Miró, che mai ho conosciuto ma di cui una volta, tempo fa, ho ricevuto una e-mail, in risposta a un’altra che gli avevo inviato io, con appunto questo consiglio di lettura.
Taylor, canadese, recentissimo premio Templeton, è un filosofo che, a torto o a ragione, viene identificato con la communitarian network. È anche, malgrado il nome (c’è forse un nome più inglese di Taylor?), un quebecois militante, e questo può spiegare almeno in parte la simpatia nei suoi confronti da parte di Miró, un catalanista che ha conosciuto il carcere ai tempi di Franco e che poi, negli anni ottanta, è stato ministro del governo catalano.
Charles Taylor, questo filosofo problematicamente comunitarista impegnato nel dibattito etico e politico, ha qualcosa interessante da dire anche in materia letteraria, almeno per quanto riguarda il romanticismo. Taylor dice, per esempio, che, spostata sul piano etico, la tuttora attuale sensibilità romantica ha fatto dell’interiorità dell’individuo la nuova fonte di moralità: cioè che a dirci ciò che dobbiamo fare è oggi la propria interiorità e non più, come in altri tempi, un Dio direttamente legislatore (quello dell’Antico Testamento, per esempio, tanto per intenderci) o l’ordine della natura (lo si ritenga dipendente o indipendente da Dio).

Se ho capito bene, ciò significa che un “romantico” del secolo XXI manifesta il suo romanticismo (la sua genialità, la sua spinta interiore che sfida il mondo esteriore) non soltanto esteticamente, per esempio svuotando un barattolo di colorante in una fontana, ma anche con le sue “creative” scelte etiche: e penso subito a chi, ignaro di imperativi categorici, brucia macchine dopo mezzanotte, pesta stranieri, ecc.
In realtà Taylor, credente, non è tanto pessimista. Infatti proprio la letteratura, dice Taylor, ci mostra che non tutto è egoismo, edonismo, individualismo, anarchia, relativismo... nell’affermazione dell’interiorità dell’uomo. Lui menziona, per esempio, due grandi maestri, Dostoevskij e Eliot: tutti e due sono moderni, romantici, ma usano il paradigma romantico —l’interiorità, l’immaginazione creativa postulata da Coleridge— in modo agostiniano, come via alla trascendenza morale, alla scoperta della forza trasformatrice dell’amore di Dio e degli uomini.
Finisco quindi con un suggerimento di lettura, come ho iniziato. Ma adesso il suggerimento è attivo, non passivo: consiglio Charles Taylor, perché no, anche se mi sembra un po’ ostico, ma soprattutto consiglio Dostoevskij e Eliot. C’è in libreria tanta violenza raccapricciante, tanta sessuologia spacciata per psicologia, tanta letteratura —passatemi l’espressione— da centri sociali... Ma c’è anche tanta grande letteratura, tanta buona letteratura in cui si possono trovare tracce di quella strada interiore che porta alla trascendenza: le tracce veramente importanti nel cammino della vita.

Nessun commento: