venerdì 4 aprile 2008

Caro imperatore (ancora altri greci)

C’è stato un tempo, nei primi due secoli della sua storia, in cui il cristianesimo ha parlato quasi esclusivamente in greco. Un tempo in cui anche il vescovo di Roma, quando doveva scrivere (san Clemente, per esempio), lo faceva nella lingua di Omero.

A quest’epoca appartengono una dozzina circa di scrittori che si sono segnalati nel genere apologetico. Di loro c’è una bella antologia curata dalla professoressa Clara Burini: Gli apologeti greci (Città Nuova, 2000).

Il più famoso è Giustino, il filosofo martire, autore di due Apologie indirizzate all’imperatore Antonino Pio. Altri sono Quadrato, che scrive a Adriano; Aristide e Atenagora, ateniesi, che si rivolgono a Adriano e a Marco Aurelio rispettivamente; il senatore romano Apollonio, accusato di superstizione ai tempi di Commodo, che redige un’autodifesa e ne fa un’apologia della fede indirizzata al senato (che comunque lo condanna a morte); Melitone e Claudio Apollinare, vescovi di Sardi e di Gerapoli, alle prese con Marco Aurelio...

Accusati di ateismo (per il loro rifiuto degli dei romani), di antropofagia (per l’eucaristia) e di incesto (per via della carità fraterna), reagiscono con la testimonianza di ciò che veramente sono diventati dopo il battesimo. “Un tempo amanti della lussuria”, scrive Giustino, “ora siamo desiderosi solo della saggezza; dediti un tempo alle arti magiche, siamo consacrati ora al Dio buono e ingenerato; bramosi più di ogni altro dei mezzi per conseguire ricchezze e possedimenti, ora, portando in comunità quanto possediamo, lo condividiamo con chi è bisognoso”. La forza persuasiva dell’etica cristiana, improntata all’amore, è per loro l’apologia più efficace su cui puntare.

Fa una certa impressione l’audacia con cui sfidano i loro interlocutori: “Coloro che sono al potere, se amano la gloria anziché la verità, hanno lo stesso potere dei ladri nel deserto” (“ma tu chi credi di essere?”, poteva dire Antonino Pio dopo la lettura di queste parole a lui rivolte da Giustino). Infatti, negli apologeti l’apologia va unita a una decisa proposta di conversione.

Per il resto, anche loro sono molto aperti alla cultura pagana. Secondo Giustino, figure come Socrate o Eraclito hanno partecipato nella loro vita —poiché vissuta con rettitudine— del Verbo rivelato e incarnato, anche se non lo hanno conosciuto: hanno portato quindi a frutto quei “semi di verità” presenti in ogni uomo e sono stati, per così dire, “cristiani prima di Cristo”.

Interessante questa dottrina dei semina Verbi. Il Papa l’ha commentata, tempo fa, in una catechesi su san Giustino. Non mi sembra tanto lontana, tutto sommato, dall’idea delle intuizioni precristiane esplorata da Simone Weil.

2 commenti:

Anonimo ha detto...
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