Attuale perché oggi abbiamo un Papa che non cessa di rivendicare la razionalità della fede —il discorso di Ratisbona è soltanto un esempio, neanche il più esplicito— e che sostiene, senza troppi giri di parole, che per la religione cristiana l’incontro con la filosofia greca, ai primordi della sua traiettoria, non è stato un caso ma un fatto necessario per la sua configurazione, davanti alla storia, come religione della verità. E non è soltanto che lo dice il Papa: da una parte la sfida del fondamentalismo, da un’altra la risposta violenta, cioè la guerra al fondamentalismo, urlano nei nostri giorni un grande bisogno di punti d’incontro tra trascendenza e razionalità.
Sia chiaro: Simone Weil e il Papa non dicono le stesse cose. Una differenza è che Benedetto XVI, a proposito della Grecia, parla soltanto di pensiero, di filosofia, e Simone Weil di filosofia e di altro: l’anima naturaliter christiana di Platone troneggia sulla maggior parte dei suoi saggi, ma ci sono anche, in questo libro, testi molto belli su poesia, mitologia, scienza... dell’antica Grecia.
Soprattutto la Weil, contrariamente al Papa, non ha in gran conto la razionalità socratica come fondamento della cultura ellenica e postellenica. Infatti nell’anima greca lei cerca non un appoggio strumentale della religione cristiana, ma piuttosto un insieme di elementi spirituali direttamente consoni ad essa. Così L’Iliade, poema della forza subita, annuncia i racconti evangelici della Passione; il mito platonico della caverna rivela l’origine e il destino soprannaturali dell’uomo; il punto d’appoggio con cui Archimede dice di poter spostare il mondo è il Cristo incarnato, in mano al Padre che agisce sulla leva.
Ripeto: in realtà Simone Weil non si pone sulla stessa lunghezza d’onda di Benedetto XVI. Ma sicuramente nel suo pensiero ci sono spunti che potrebbero complementare l’odierno discorso cristiano. Infatti anche lei vede, dietro molte di queste intuizioni greche, un preciso disegno divino. Lo manifesta a chiare lettere, per esempio, la conclusione del suo commento al Timeo di Platone, suggestiva visione del mondo come specchio di quell’Amore che è Dio stesso. “Questa concezione trascendente della provvidenza”, scrive Simone Weil, “è l’insegnamento essenziale del Timeo. Insegnamento di tale profondità che non posso credere sia disceso nel pensiero umano altrimenti che per rivelazione”.
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