domenica 14 ottobre 2012

Fede e verifica secondo Ratzinger

Tra i fatti storici caratterizzanti la nostra società, la crisi del cristianesimo è uno dei più evidenti. La Chiesa perde pezzi, l’individualismo morale e religioso dilaga. Perciò la lettura di un libro come Guardare Cristo, del Ratzinger non ancora Papa (Jaca Book, 1989), mi sembra estremamente utile per orientarsi tra le svolte o pseudo svolte del momento presente. La sua origine nella predicazione (un ritiro per sacerdoti di Comunione e Liberazione) non deve trarre in inganno: Guardare Cristo è anche una luminosa analisi fenomenologica sul luogo della fede nel contesto culturale odierno.

Dopo un magistrale confronto tra l’agnosticismo oggi dominante e la fede (l’agnosticismo risulta più squisito intellettualmente, ma è esistenzialmente inconcludente), Ratzinger rivolge uno sguardo al passato. “La Chiesa antica dopo la fine del tempo apostolico”, scrive, “sviluppò come Chiesa un’attività missionaria relativamente ridotta, non aveva alcuna strategia propria per l’annuncio della fede ai pagani”. Eppure “il suo tempo divenne un periodo di grande successo missionario”. La conclusione è ovvia, come altrettanto ovvia è la differenza tra il cristianesimo primitivo e quello degli ultimi decenni. “La conversione del mondo antico al cristianesimo non fu il risultato di un’attività pianificata, ma il frutto della prova della fede nel modo come si rendeva visibile nella vita dei cristiani e nella comunità della Chiesa (…). Viceversa l’apostasia dell’età moderna si fonda sulla caduta di verifica della fede nella vita dei cristiani”. Dove per “apostasia” si deve intendere, mi sembra, “agnosticismo”, cioè l’atteggiamento che, malgrado i suoi limiti pratici nei confronti della fede, oggi trova un così largo consenso tra le coscienze.

C’è di più. “La nuova evangelizzazione, di cui abbiamo oggi così urgente bisogno, non la realizziamo con teorie astutamente escogitate: l’insuccesso catastrofico della catechesi moderna è fin troppo evidente”. E chi scrive queste parole è lo stesso Joseph Ratzinger che, come Papa, ha creato un pontificio consiglio e ha indetto un sinodo per la nuova evangelizzazione. Non so cosa penseranno, i padri sinodali riuniti a Roma, di parole così pessimistiche del loro datore di lavoro.

E allora? Allora non ci resta, a noi credenti, che prendere sul serio la questione della verifica della fede nella propria vita: “Soltanto l’intreccio tra una verità in sé conseguente e la garanzia nella vita di questa verità può far brillare quell’evidenza della fede attesa dal cuore umano; solo attraverso questa porta lo Spirito Santo entra nel mondo”, dice Ratzinger. E naturalmente non sta parlando soltanto della vita dei sacerdoti: parla di sacerdoti, religiosi e laici; quindi anche di me.

La Chiesa è programmaticamente santa (una, santa, cattolica, apostolica), ma sociologicamente talvolta non lo sembra. Nel calendario liturgico c’è una settimana in cui i fedeli sono invitati a pregare per l’unità della Chiesa, la cosiddetta settimana per l’unità dei cristiani. Ci vorrebbe, secondo me, qualcosa di simile per la santità della Chiesa; ovvero per la santità dei cristiani, che in questo senso (in senso sociologico) è la stessa cosa.

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