domenica 28 ottobre 2012

A proposito di Ratzinger: la libertà redenta

Il cardinale Kurt Koch, classe 1950, è un teologo che il cosiddetto destino ha messo prima a capo della diocesi di Basilea e poi  del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Nel suo caso il destino si chiama il capitolo del duomo di Basilea, per il primo avatar (a Basilea c’è una consuetudine secondo la quale il vescovo viene eletto dai canonici, anche se poi chi lo nomina è il Papa); e naturalmente Benedetto XVI, per il secondo.
Il mistero del granello di senape (Lindau, 2012) è un suo volume di 400 pagine sulla teologia di Joseph Ratzinger, ovvero Benedetto XVI. Di lui Koch è un deciso sostenitore, e sottolineo la parola deciso (che sia un sostenitore è scontato, essendo stato dal Papa nominato per il posto in Vaticano). Per esempio, Koch è l’anima delle riunioni estive di discepoli di Ratzinger che si tengono tutti gli anni a Castelgandolfo.
Koch smise tempo fa i panni di teologo di grido per diventare pastore, ma il suo background di teologo lo rende particolarmente efficace quando, da pastore, deve affrontare certi lupi travestiti di teologi come Hans Küng e Hermann Häring, critici feroci di Benedetto XVI e bersaglio del più lungo dei saggi contenuti in questo volume. Altri saggi pure degni di nota, meno polemici ma secondo me forse più interessanti, sono i dedicati alla teologia della storia di san Bonaventura e al senso cristiano della libertà, sempre nel pensiero di Ratzinger.
Una idea che percorre tutto il libro, e anche uno dei capisaldi della diatriba contro Häring, è che la Bibbia non parla soltanto del passato, cioè del momento della stesura dei suoi vari frammenti, ma del presente, perché nella Bibbia parla Cristo. Ad alcuni credenti sembrerà ovvio, ma comunque anche se lo è va esplicitato: la Bibbia parla di noi. De te fabula narratur, si diceva una volta.
Ciò si ricollega a una verità che nel medioevo insegnava Bonaventura in polemica con Gioacchino da Fiore, ripresa ora da Ratzinger nei confronti di certi messianismi postconciliari, e cioè che la rivelazione di Dio avviene nella storia, ma è soprastorica. Quindi mai su questa terra raggiungeremo il punto omega del nostro essere: siamo condannati a questa esistenza nostra che sappiamo stentata e imperfetta. Eppure…

Eppure siamo liberi, proprio perché Cristo redentore, cioè liberatore, c’entra con il nostro presente e non soltanto con la Palestina di duemila anni fa; ed è grazie alla libertà che possiamo guadagnare la sponda di quella esistenza soprastorica, divina, da tutti agognata.
“La libertà è un trampolino di lancio per tuffarsi nel mare infinito della bontà divina”, ha detto una volta Benedetto XVI, in visita a un carcere minorile, “ma può diventare anche un piano inclinato sul quale scivolare verso l’abisso”. Da qui il discorso sulla “libertà redenta”, espressione ridondante ma luminosa, molto amata da Ratzinger.
Come a quei ragazzi le mura del carcere, anche a noi la gabbia dell’esistenza terrena ci sta stretta, non è vero? Eppure...


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