Esistono le trilogie, storie in tre libri, molto amate dagli autori inglesi e francesi. Ed esistono pure le tetralogie, amate piuttosto, mi sembra, dagli scrittori tedeschi: quattro romanzi che compongono una unica storia. Per esempio, quel capolavoro di Thomas Mann che ha per titolo Giuseppe e i suoi fratelli, reperibile, in italiano, in una bella edizione di Mondadori in quattro volumi con cofanetto (2006).
Giuseppe e i suoi fratelli, che ha impegnato Mann per ben due decenni della sua vita, dal 1924 al 1943, ha complessivamente duemilatrecento pagine. Ma nella Bibbia che ho in casa il racconto delle vicende di Giacobbe e Giuseppe, che è la materia della tetralogia di Mann, di pagine ne occupa quaranta. Quindi possiamo dire, con barzelletta banale, che il Mann, che in tedesco sta per l’uomo, ha messo parecchie sue parole sopra la Parola di Dio.
Sì, certamente lo ha fatto; ma lo ha fatto molto bene. Mann ha studiato tantissimo l’antichità mediorientale, e in particolare le religioni; poi ha stabilito un preciso scopo di argomentazione (una riappropriazione del mito in senso umanistico, di fronte all’apoteosi dei miti pagani nella Germania prebellica); e infine si è votato a tessere in tutti i possibili particolari, con la sua scrittura torrenziale e affascinante, ciò che può essere stato la storia di Giuseppe.
Per esempio, nel secondo volume, Il giovane Giuseppe (il primo è Le storie di Giacobbe), Mann ci fa immaginare la formazione che ha impartito a Giuseppe un vecchio maestro sapienziale di nome Eleazar. È un episodio che trovo molto gustoso:
«“Dimmi, o figlio della Giusta”, gli domandava quando sedevano insieme all’ombra dell’albero degli ammaestramenti, “per quali tre ragioni Dio creò l’uomo per ultimo, dopo tutte le piante e tutti gli animali?” Giuseppe doveva allora rispondere: “Dio creò l’uomo per ultimo in base a tre ragioni: perché nessuno potesse dire di averlo aiutato nella creazione; perché l’uomo conoscesse l’umiltà e dicesse a se stesso: ‘Il moscone mi ha preceduto’; e infine perché l’uomo potesse subito sedersi a tavola come l’ospite per cui tutti quei preparativi erano stati fatti”».
Devo dire che forse non tutto in Giuseppe e i suoi fratelli è compatibile con la esegesi cattolica del libro della Genesi; ma probabilmente in una percentuale molto alta lo è. Ovviamente i discorsi tra Eleazar e Giuseppe lo sono. Mann comunque era protestante, per cui non si faceva scrupolo di interpretare liberamente la Bibbia.
In realtà, a me piacerebbe che anche in questo altri scrittori imitassero Thomas Mann. La Bibbia offre tante belle storie che chiedono di venire ripresentate! Penso, per esempio, alla parabola del figliol prodigo, che si potrebbe espandere moltissimo, a cominciare dalla storia della madre (dico io che il figliol prodigo avrà avuto, oltre al padre, anche una madre, no?), e che tanto potrebbe aiutarci a mettere a fuoco in senso trascendente le nozioni, per noi uomini decisive, di colpa e misericordia.
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