Correva l’anno 1933, e trovandosi in viaggio in Svizzera per un giro di conferenze, Mann ha saputo dell’avvento al potere di Hitler in Germania. A quel punto ha deciso di non tornare in patria. La decisione sarà revocata soltanto dopo la seconda guerra mondiale, e così Giuseppe in Egitto e Giuseppe il nutritore, parti terza e quarta di Giuseppe e i suoi fratelli, saranno scritte in esilio, tra la Svizzera e gli Stati Uniti.
Per la verità, anche le due prime parti, Le storie di Giacobbe e Il giovane Giuseppe, non ancora pubblicate all’inizio del 1933, si vedranno investite dalle circostanze politiche, ma grazie a Dio il pericolo peggiore, che era quello della distruzione, sarà evitato. La casa di Monaco di Thomas Mann è subito requisita dalla polizia, ma i manoscritti sono presto messi in salvo grazie al sangue freddo della figlia Erika, che effettua una audace incursione nella casa e li porta via. Saranno pubblicati negli anni 1933 e 1934.
Si può dire che a questo punto la biografia dello stesso Mann entra in sintonia con l’avventurosa vicenda del simpatico personaggio biblico: entrambi conoscono una sorta di discesa agli inferi. Infatti nelle prime pagine di Giuseppe in Egitto c’è un riferimento esplicito a questa situazione: come Giuseppe a un certo punto, dopo essere stato venduto dai fratelli, arriva in Egitto in esilio forzato, scrive Mann, così l’autore, proprio quando si avvia a raccontare quel momento della vita di Giuseppe, ha dovuto prendere la strada dell’esilio.
Ma Giuseppe, come sa chi ha letto la Bibbia, conoscerà ancora una seconda discesa agli inferi, per via del famoso incidente con la moglie di Potifar. È un fatto interessante, oltre la sua evidente morbosità. René Girard, per esempio, ha rilevato l’analogia tra Giuseppe e Edipo, riscontrabile pure, secondo lui, in altre figure mitiche di ambiti culturali molto diversi. Come il tragico personaggio greco, Giuseppe è innocente ma viene presentato —agli egiziani— come autore di un delitto sessuale che infrange le fondamenta dell’ordine sociale. Ma attenzione, dice Girard, in Giuseppe (e cioè nella Bibbia) c’è una specificità, c’è una differenza radicale con le storie di Edipo e consimili malcapitati: lui alla fine sfuggirà il destino, supererà la maledizione che la sua pseudo colpa gli impone.
Infatti, dopo questa seconda discesa agli abissi risalirà non già fino alla casa di Potifar, ma fino alla corte del faraone. La storia è conosciuta, o almeno dovrebbe esserlo. Comunque vale la pena di leggerla, sia nella Bibbia che nella versione di Thomas Mann, anche perché è proprio nel raccontare queste oscillazioni capricciose della fortuna dove l’arte letteraria di Mann, che non lascia niente al caso e tutto ordina con precisione e rigore, forse più alto vola.
2 commenti:
Thomas Mann realizzò insieme a Horkheimer una ricerca fra i perseguitati dal nazismo. Dalla ricerca emerse con chiarezza che i deportati trovarono assistenza soprattutto in persone spinte da motivazioni religiose e -in modo particolare- dai cattolici.
Purtroppo la ricerca non fu mai pubblicata, ne ho trovato menzione solo nel testo di Rocco Buttiglione "Dialettica e nostalgia", uno studio su Horkheimer.
E' bello saperlo. Saluti.
Luigi Murtas
Ne parla anche il volume "Riflessività e coscienza simbolica" di Roberto Nebuloni nel capitolo dedicato a Horkheimer. Ampi stralci sono leggibili liberamente su Google books. Luigi Murtas
http://books.google.it/books?id=MXwsXDz8BBQC&pg=PA133&lpg=PA133&dq=thomas+mann+horkheimer&source=bl&ots=VLwc2GoRqa&sig=h8Xwo0tdCDHEo8g0o-vD6E6Re-k&hl=it#v=onepage&q=thomas%20mann%20horkheimer&f=false
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