venerdì 10 aprile 2009

Ed era morto

Tra i poeti metafisici inglesi, l’unico forse a tenere testa al capostipite John Donne è George Herbert (1593-1633), un artista della parola che ha fatto colpo su personalità eccezionali, da Coleridge a Simone Weil.

Oggi, venerdì santo, forse è il caso di proporre la lettura di un suo poema di intensa sensibilità religiosa, Redenzione, nella delicata traduzione di Cristina Campo.


Redenzione

Lungamente fittavolo di un potente Signore,
Poiché non prosperavo, presi cuore
A fargli istanza, che mi concedesse,
Cancellato l’antico, un canone minore.
In Cielo, al suo maniero, lo cercai,
E là mi dissero che era appena partito
Per un suo fondo, comprato ad alto prezzo
Da tempo in Terra, a prenderne possesso.
Tornai indietro, e d’altissima stirpe
Sapendolo, cercai negli alti luoghi,
Nelle città, teatri, parchi e corti:
Alfine udii sgangherata baldoria
Di ladri e d’assassini. Là dentro lo scopersi
Che:
La tua istanza è accolta, mi disse; ed era morto.

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