Il Faust di Goethe ha due parti, come è saputo. Invece il Faust di Murnau, un film espressionista del 1926, ne ha undici: cioè, undici sono gli spezzoni in cui è stato diviso da un cinefilo coraggioso (forse troppo) che lo ha messo su Youtube. L’ho visto qualche settimana fa: non è il massimo come qualità d’immagine, ma è a portata di mano e a costo zero.
Comunque, siccome questo blog non si chiama Buenos Films nos dé Dios, ma piuttosto Buenos Libros nos dé Dios, dovrei parlare non del Faust cinematografico, ma di quello letterario. Largo quindi al Faust di Marlowe (1604) e di Goethe (1808 e 1832), e soprattutto a quest’ultimo, anche perché, lo confesso, il Doctor Faustus di Marlowe non lo conosco.
Con Goethe, il personaggio Faust ha raggiunto una vetta: è diventato il paradigma mitico dell’aspirazione al sapere, cioè di quell’aspirazione che, secondo l’illuminismo, sarebbe la più nobile che possa esistere.
È quindi coerente che Goethe, alla fine della seconda parte, lo salvi (dall’inferno, non dalla morte). Lontani erano i giorni in cui la memoria del vero Johann Faust, un medico stregone vissuto nei primi decenni del XVI secolo che vantava particolari rapporti con il demonio, veniva demonizzata (è proprio il caso di dirlo) da Lutero e Melanchton.
Tra il Faust reale e quello di Goethe, Marlowe rappresenta una posizione intermedia: con Marlowe, Faust è condannato, ma la sua storia acquista lo statuto di tragedia, non è più, per esempio, quella successione di vicende scurrili che raccontava, non molti anni prima, l’anonimo Faustbuch o Libro di Faust (1587).
Tra la prima e la seconda parte del capolavoro di Goethe ci sono tante differenze. La seconda è più simbolica, e anche più complessa, sia per la varietà di generi letterari che vi concorrono sia per il contenuto, con tanto di poteri demoniaci scatenati e di prodigi mirabolanti. Nella prima parte invece è tutto più realista.
A me piace di più la prima parte: Faust che, dopo aver conosciuto l’amore, diserta la notte di Valpurga perché il desiderio non lo appaga più; Margherita in prigione che si rifiuta di essere salvata da Mefistofele (tramite Faust) per rimettersi alla giustizia di Dio... Mi domando: è troppo eroismo per l’uomo di oggi? Io questo Faust e questa Margherita li salverei, certo. E scommetto che anche Dio li salverebbe.
Ma, appunto, forse un tale “eroismo” è troppo per i Faust e le Gretchen di oggi: per noi, insomma.
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