Sulla
sua vita e sulla sua opera c’è nei quotidiani degli ultimi giorni tutta
l’informazione di cui uno può aver bisogno, per cui è superfluo dare qui altre
notizie.
Io
voglio ricordarla come donna, con un breve poema che va letto a prescindere dal
contesto in cui è nato. È stato composto nel 1967 ed ha per titolo Vietnam, ma un titolo più universale,
come appunto Donna, gli calzerebbe
benissimo.
La traduzione è di Pietro Marchesani. Si trova nell’antologia Discorso all’ufficio oggetti smarriti (Adelphi, 2004).
Vietnam
Donna, come ti chiami? - Non lo so.Quando sei nata, da dove vieni? - Non lo so.
Perché ti sei scavata una tana sottoterra? - Non lo so.
Da quando ti nascondi qui? - Non lo so.
Perché mi hai morso la mano? - Non lo so.
Sai che non ti faremo del male? - Non lo so.
Da che parte stai? - Non lo so.
Ora c’è la guerra, devi scegliere. - Non lo so.
Il tuo villaggio esiste ancora? - Non lo so.
Questi sono i tuoi figli? - Sì.
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