venerdì 16 dicembre 2011

Roma turistica

Se Nathaniel Hawthorne avesse scritto soltanto Il fauno di marmo (1859), oggi probabilmente non lo troveremmo nei manuali di letteratura americana. L’ho appena letto (in italiano: Giunti, 2008), e mi è sembrato poco più di un precedente del Codice Da Vinci. Non sto dicendo che Il Codice si trovi sullo stesso livello di qualità (non l’ho letto, e me ne vanto), ma sì che il cocktail di arte, religione, delitti di sangue e Roma da cartolina che Il fauno di marmo offre al lettore ha sicuramente molto a che fare con gli odierni esercizi di fantasia di Dan Brown (che comunque mai daranno luogo a un romanzo come La lettera scarlatta, il capolavoro di Hawthorne).

I luoghi del romanzo di Hawthorne sono i luoghi della Roma eterna, molto familiari anche adesso per chi vive a Roma: Villa Borghese, la chiesa dei Cappuccini di via Veneto, la Torre della Scimmia… Tutto in visione americana, ovviamente. Una visione che non è che mi entusiasmi. Per carità, è simpatico vedere un americano, o comunque un turista (Hawthorne, che ha vissuto in Italia due anni, è stato qualcosa di più di un turista), proiettare i suoi tic mentali sulla millenaria scenografia romana. Ma tante volte lo stereotipo, soprattutto quando nasce dalla chiusura allo sforzo di comprensione, è altezzoso e belligerante. E ciò purtroppo si verifica nel romanzo di Hawthorne, che, pur tra tanti attestati di meraviglia, non risparmia i toni spregiativi sia nei confronti dell’Italia che della Chiesa di Roma.

Un inciso. Per un’ironia della sorte, quel puritano antipapista di Hawthorne, critico con la Chiesa cattolica e implacabile in particolare con gli ordini religiosi, ha avuto una figlia che si è convertita al cattolicesimo e, dopo la morte del marito, ha fondato un ordine religioso: Rose Hawthorne. Insomma, come se una figlia di Dan Brown diventasse adesso numeraria dell’Opus Dei.

Torno alla Roma turistica e finisco. Alcuni dicono che Roma non è una città per viverci, e naturalmente a suo tempo Hawthorne è stato di questi. Io ci sono arrivato più di vent’anni fa e non me ne sono andato: ovviamente mi è piaciuta. Infatti, sento di vivere in una città eterna, malgrado i turisti, ma non noiosa (anche grazie ai turisti).

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