venerdì 15 luglio 2011

Jean Daniélou: l'ombra di Dio

Dio e noi è un libro del teologo e gesuita francese Jean Daniélou (1905-1974). Il titolo può sembrare troppo ambizioso, ma secondo me doveva per forza essere ambizioso, audace, provocatorio.

Certamente, audace era Daniélou quando lo ha pubblicato, nel 1956: poco prima aveva dovuto ritirare dalla circolazione un altro suo libro, ritenuto dai guardiani dell’ortodossia troppo problematico. Poi però sarà una delle grandi figure del Concilio Vaticano II, e negli ultimi anni della sua vita sarà ritenuto dalla intellighenzia teologica addirittura troppo adagiato sulle posizioni del magistero, soprattutto quando Paolo VI, che molto lo stimava, lo farà cardinale, nel 1969.

Di Dio e noi, che ho letto in una edizione molto vecchia (ma mi sembra che Rizzoli ne abbia fatto una nuova nel 2009), mi ha convinto particolarmente il primo capitolo, “Il Dio delle religioni”. In questo capitolo Daniélou espone la sua teoria dell’alleanza cosmica, una sorta di contratto originario di Dio con l’uomo che precederebbe le posteriori, particolari alleanze con i patriarchi dell’Antico Testamento e che spiegherebbe le assonanze che un attento osservatore riscontra in tradizioni religiose molto lontane nel tempo e nello spazio. Questa idea è stata poi introdotta dallo stesso Daniélou in un documento importante del Vaticano II, la costituzione Dei Verbum, che afferma che Dio si rivela factis et verbis, cioè non soltanto con parole, con i testi sacri, ma anche con fatti, a cominciare dalla Creazione.

Ma torniamo al libro. In Dio e noi, Daniélou parla in primo luogo, ovviamente, di Dio; e lo fa percorrendo, in compagnia degli amati padri della Chiesa (soprattutto sant’Ireneo e san Gregorio di Nissa), sei tappe: “Il Dio delle religioni”, “Il Dio dei filosofi”, “Il Dio della fede”, “Il Dio di Gesù Cristo”, “Il Dio della Chiesa” e “Il Dio dei mistici”. In questo modo il secondo polo del titolo, cioè il “noi”, diventa una spalla del primo: una spalla che cambia a seconda della scena. Non male, quando l’attore principale è Dio.

Facendo a ritroso il cammino del libro, finisce che nel casting ci siamo quasi tutti: mistici, cattolici, cristiani, credenti, teisti, animisti… Restano fuori gli atei, certo.

È vero che sono loro a voler starsene fuori, ma io li avrei fatto comunque oggetto di un capitolo: “Il Dio degli atei”. Perché anche se gli atei non lo riconoscono come loro creatore, lui, Dio, sì li riconosce: e non soltanto come sue creature, ma addirittura come figli.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Interessante. Grazie per la recensione. Michelangelo