domenica 13 giugno 2010

Un personaggio russo di Joseph Roth

Le figure oscene disegnate sulle pareti della taverna cadono a pezzi sotto i colpi di pistola. I soldati si divertono con quell’esercizio folle di tiro al bersaglio. Finché a un certo punto compare sul muro un affresco della Madonna. Qualcuno grida al miracolo, ma basta poco per far ritornare il buon senso. E così in pochi minuti ci si organizza per punire i soliti sospetti, cioè gli ebrei. Sospetti, questa volta, di aver ricoperto quell’immagine sacra con uno strato di calce.

È la scena memorabile del pogrom, in Tarabas, uno degli ultimi romanzi di Joseph Roth, del 1934.

Attorno a Joseph Roth, e attorno al singolare misto di reazione, nostalgia e alcolemia da lui rappresentato, si è sviluppata una leggenda che ciclicamente viene alla ribalta. Comune mortale quale sono, io stesso ho ceduto alla leggenda e sono diventato per un certo tempo un lettore vorace dei suoi libri. Ma sono pochi quelli di cui ho un ricordo forte. Non certo quelli del ciclo asburgico (La marcia di Radetzki, La cripta dei cappuccini), dai personaggi molli che sbadatamente vedo andare in rovina. Tarabas, ecco invece un romanzo di Roth con un protagonista spiritualmente robusto, di quelli che non ti fanno dormire. Lo ha pubblicato, naturalmente, Adelphi.

Nikolaus Tarabas ha perso l’impero, e fin qui niente di nuovo nella tipologia dei personaggi di Roth: come i Trotta nel ciclo asburgico hanno perso l’impero austroungarico (o come lo stesso Roth nella vita reale), così Nikolaus Tarabas ha perso l’impero dello zar ed è rimasto heimatlos, senza patria. Perciò a un certo punto la guerra —quella guerra civile in cui la Russia, dopo la rivoluzione, continuava a dissanguarsi— diviene la sua patria: “la guerra divenne la sua patria” , scrive Roth in uno dei suoi rari momenti di fanfara linguistica, “la guerra divenne la sua grande, sanguinosa patria”.

Infatti Tarabas è votato alla guerra come un suddito fedele al suo re. E, nuovo Saulo per le strade del mondo, quando nella guerra trova la sua Damasco, della guerra conserva l’estro e lo slancio. Violento e imprevedibile come la guerra, Tarabas è spinto da forze tanto profonde da rasentare l’inumano. Ma, bisognoso di redenzione, non lo vedremo tra quelli che la cercano nei facili capri espiatori.

Nikolaus Tarabas è russo. Ed è il caso di dire, non solo per questo, che la sua storia avrebbe potuto raccontarla Dostoevskij.


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