sfioriamo gli occhi e l’aria, l’oscurità
e la luce, l’India e l’Europa…
Dalla vita degli oggetti (Adelphi 2012, a cura di Krystyna
Jaworska) è una antologia poetica di Adam Zagajewski. I versi precedenti
appartengono al poema da cui essa prende il nome, che naturalmente non è
l’unico in cui l’autore dialoga con gli oggetti. Si veda, per esempio, quella
intitolata Pittori d’Olanda.
Una
donna sbuccia in raccoglimento una mela vermiglia.
I
bambini sognano la vecchiezza.
Qualcuno
legge un libro (il libro è letto),
qualcuno
dorme e si muta in caldo oggetto
che
respira (come una fisarmonica)…
Zagajewski non si rifiuta
di parlare delle cose come “oggetti”. Rilke, che riteneva che oggettivare le
cose fosse sempre un’aggressione contro le cose stesse, forse avrebbe avuto
qualcosa da dire. Ma c’è poco da fare: le cose ci interpellano.
(…)
Dite, pittori d’Olanda, cos’accadrà
Quando
la mela sarà sbucciata,quando si offuscherà il velluto,
quando tutti i colori diventeranno freddi?
Dite cos’è l’oscurità.
Le cose ci interpellano,
perché inevitabilmente siamo fatti di rapporti con persone, animali e cose. Di
particolare interesse mi sembra, a questo riguardo, La separazione, dove “oggetto” della visione del poeta è la propria
moglie: oggetto d’amore in senso forte, oggetto addirittura inseparabile da lui.
E nel dichiararlo
inseparabile, in un contesto in cui tutto parla di individualismo e di separatezza,
Zagajewski prende un impegno etico non solo con sua moglie (anche se, diciamo
tutto, non è la prima), ma con l’universo poetico.
Quasi
con invidia leggo le opere dei miei
contemporanei
su
divorzi, addii, il dolore delle separazioni;sofferenza, nuovi inizi, piccole morti;
lettere lette e bruciate, bruciare e leggere, fuoco e cultura,
ira e disperazione — magnifica materia per una poesia riuscita;
un duro giudizio, a volte una risata sarcastica di superiorità morale,
e insieme definitivo trionfo della continuità individuale.
E
noi? Non ci saranno elegie, né sonetti sulla separazione,
non
ci dividerà lo schermo dei versi,non si porrà fra noi una metafora riuscita,
l’unica separazione che ora ci minaccia è il sonno,
il profondo antro del sonno la cui soglia varchiamo separati,
— e devo sempre ricordare che la tua mano,
stretta nella mia, è fatta di sogni.