venerdì 15 giugno 2012

Gladiatori del latino


Il Corriere ha pubblicato lunedì scorso una breve apologia del latino firmata da Luciano Canfora. È un tema su cui confesso di aver cambiato pensiero: una volta non credevo nel latino, adesso sì. A modo di attestato della mia conversione, riproduco in questo spazio l’articolo di Canfora come apparso nel Corriere.


Difendere l'Insegnamento del latino non è una battaglia di retroguardia

Sembra di retroguardia la «battaglia del latino». E invece non lo è affatto: tutti i rami del sapere hanno pari dignità. Solo i parvenus pensano che scienze cosiddette dure più lingua inglese bastino a formare cittadini consapevoli e ceti dirigenti capaci di pensare. Potremmo osservare che nella lontana Cina è appena terminata la stampa dell'edizione bilingue (latino e cinese) del Corpus iuris giustinianeo. La Cina infatti, volendosi dotare di un apparato giuridico moderno e organicamente strutturato, ha preferito il diritto romano al «Common Law» anglosassone. Solo agli ignoranti notizie di questo genere non fanno impressione.

Il balbettio che anni addietro inneggiava alle «tre i» non porta lontano: semmai abbrutisce. Archivi e biblioteche d'Europa (e degli Usa in quanto approdo di ingenti materiali bibliografici di pregio trasmigrati nel tempo, in varie guise, dall'Europa) pullulano di testi, manoscritti e a stampa, in latino e anche in greco o bilingui. Un bel problema per bibliotecari e archivisti. Chi, tra qualche decennio, saprà decifrare almeno il frontespizio di una cinquecentina o di una secentina o intendere il contenuto di un documento della cancelleria papale, la volta che latino e greco saranno scomparsi dal corso di studi?

Il 12-14 aprile scorsi si è svolto a Torino un importante convegno promosso dal Miur e dal Liceo Internazionale di Ivrea (diretto da Ugo Cardinale) sullo stato di salute delle lingue classiche nelle scuole d'Europa. Gli atti appariranno presto presso il Mulino. Hanno parlato autorevoli docenti di Spagna, Francia, Belgio, Germania, Inghilterra, Finlandia, Russia, Grecia, Ungheria e Italia. È risultato che l'unico Paese dove il curriculum liceale comporta, non ridotto a capricciosa opzione, lo studio di latino e greco è l'Italia. Da noi però già qualcuno vuol buttare fuori il latino dal liceo scientifico: una vera volgarità, degna delle menti che partorirono, per l'università, l'infame tre + due, ormai riconosciuto da tutti come una tragica buffonata. Ben vengano dunque gli appelli francesi di cui ha detto ieri Avvenire. Possono giovare a noi: difficilmente produrranno un ripristino, in Francia o altrove, della completezza formativa di cui la conoscenza delle lingue e civiltà antiche è parte necessaria. Luciano Canfora.

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