El centenario de Tennessee Williams (1911-1983), que fue ayer, casi ha coincidido con la muerte de Elizabeth Taylor, la inolvidable Maggie de la versión cinematográfica de La gata sobre el tejado de zinc. Honor a ambos, y también a una época gloriosa de Hollywood que difícilmente volverá: una época en la que la industria del cine todavía podía llamarse séptimo arte.
En su momento, naturalmente, también El zoo de cristal (1945), el primer éxito teatral de Tennessee Williams, tuvo su adaptación a la gran pantalla: se estrenó en 1950, con Kirk Douglas en el papel de Jimmy. No la he visto, pero al menos el libro lo he leído. En español, la última edición es seguramente la de Losada (2007).
¿Qué representa la colección de animalitos de cristal de Laura Wingfield, la joven neurótica a la que el candoroso Jimmy O’Connor, el amigo de su hermano, visita un día en su casa? Yo quiero pensar que ese zoo de vidrio es una metáfora de ella misma: de su bondad natural y de su fragilidad. Pero evidentemente lo es también de su familia, ámbito de sordidez y desencanto en el que el hombre deja de ser animal social para ser simplemente animal; y en el que esa triste condición es transparente, indisimulable.
La familia de Amanda Wingfield y sus hijos Tom y Laura es, a su vez, una transposición de la familia del propio Tennessee Williams (TW, como Tom Wingfield): el padre se largó de casa, y entre la madre posesiva y atolondrada y la hermana Rose, enferma mental, la infancia y la juventud del futuro dramaturgo transcurrieron mísera y tormentosamente. Éste nunca perdonó a su madre la lobotomía que permitió que se practicara a Rose, que al cabo la convirtió prácticamente en un vegetal.
El zoo de cristal es una venganza de Tennessee Williams contra su madre, pero ésta asistió a una de las primeras representaciones y salió muy contenta. Porque, en efecto, El zoo de cristal no es sólo una historia amarga para ver con antidepresivos. Es también una historia tierna. Por eso funciona bien en el cine, no menos que otras obras más duras, más morbosas, de Tennessee Williams (además de La gata sobre el tejado de zinc, ya citada, pienso ahora en La noche de la iguana y Un tranvía llamado deseo).
Por su intensidad de sentimientos, algunos consideran excesivo el teatro de Tennessee Williams. El zoo de cristal, en todo caso, es delicadamente excesivo.
domenica 27 marzo 2011
domenica 13 marzo 2011
Europa e Carlo Magno
C’è un Carlo Magno di leggenda: fondatore dell’Europa, stella indiscussa del Medioevo, addirittura santo (infatti ad Aquisgrana gli si rende un certo culto, tollerato dalla Chiesa). E c’è anche un personaggio reale chiamato Carlo Magno, con vizi e con virtù come tutti gli uomini. Entrambi i personaggi sono stati fusi da un loro cortigiano, Eginardo, in una Vita di Carlo Magno che oggi, dodici secoli dopo la sua stesura, possiamo leggere in italiano, con il testo latino originale a fronte, in un bel volume di Salerno Editrice (2006).
Il personaggio reale è molto lontano da quella teorica santità. Per chi in questi tempi prova vergogna di certe cose, è consolante (magra consolazione) accertare che il sesso di stato non è una invenzione di oggi. Carlo Magno ha avuto un numero imprecisato di figli da un numero imprecisato di mogli e concubine: dire che era poligamo è dir poco. Le usanze germaniche non erano state ancora piegate dalla morale e dal diritto della Chiesa, e ripudiare una moglie o unirsi a quella di un altro non era, per un re, qualcosa di abominevole. Sarà l’altra grande figura del Medioevo, Ildebrando, cioè il papa Gregorio VII (questo sì, santo con tutte le carte in regola), a riformare un po’ la scena nel secolo XI. Ne farà le spese, poi, Enrico VIII (anzi Tommaso Moro), ma nell’insieme l’ordine civile ne trarrà beneficio.
Di Carlo Magno resta magna, allora, soltanto la figura leggendaria, che non significa falsa. Il racconto di Eginardo ha tre parti: le battaglie, la famiglia, la morte di Carlo Magno. Le battaglie sono vere e, tranne che per i pacifisti come me, rendono grande colui che le ha condotte, perché hanno ricomposto su basi nuove lo spazio europeo, frantumato e decaduto con il tracollo dell’impero romano.
Per il suo genio geopolitico, Carlo Magno è paragonabile a Giulio Cesare e superiore ad Alessandro, e a ragione l’Unione Europea, nuovo tentativo di creare (su basi pacifiche) uno spazio comune nel Vecchio Continente, ama rifarsi a lui. Penso che sarebbe giusto avere pure un occhio di riguardo per Ildebrando, in nome non della religione (o non solo), ma piuttosto del primato del diritto sul potere. Perché romani e barbari, polentoni e immigrati, tutti abbiamo qualcosa da mollare sull’altare della morale e del diritto, e c’è bisogno di qualcuno che ce lo ricordi.
Questo qualcuno mi sembra che, grazie a Dio, non manchi. Certi casi ben noti possono far credere il contrario, ma i quadri della Chiesa europea sono oggi ben attrezzati, molto meglio che mai negli ultimi tempi, per far fronte alle onde della storia.
Il personaggio reale è molto lontano da quella teorica santità. Per chi in questi tempi prova vergogna di certe cose, è consolante (magra consolazione) accertare che il sesso di stato non è una invenzione di oggi. Carlo Magno ha avuto un numero imprecisato di figli da un numero imprecisato di mogli e concubine: dire che era poligamo è dir poco. Le usanze germaniche non erano state ancora piegate dalla morale e dal diritto della Chiesa, e ripudiare una moglie o unirsi a quella di un altro non era, per un re, qualcosa di abominevole. Sarà l’altra grande figura del Medioevo, Ildebrando, cioè il papa Gregorio VII (questo sì, santo con tutte le carte in regola), a riformare un po’ la scena nel secolo XI. Ne farà le spese, poi, Enrico VIII (anzi Tommaso Moro), ma nell’insieme l’ordine civile ne trarrà beneficio.
Di Carlo Magno resta magna, allora, soltanto la figura leggendaria, che non significa falsa. Il racconto di Eginardo ha tre parti: le battaglie, la famiglia, la morte di Carlo Magno. Le battaglie sono vere e, tranne che per i pacifisti come me, rendono grande colui che le ha condotte, perché hanno ricomposto su basi nuove lo spazio europeo, frantumato e decaduto con il tracollo dell’impero romano.
Per il suo genio geopolitico, Carlo Magno è paragonabile a Giulio Cesare e superiore ad Alessandro, e a ragione l’Unione Europea, nuovo tentativo di creare (su basi pacifiche) uno spazio comune nel Vecchio Continente, ama rifarsi a lui. Penso che sarebbe giusto avere pure un occhio di riguardo per Ildebrando, in nome non della religione (o non solo), ma piuttosto del primato del diritto sul potere. Perché romani e barbari, polentoni e immigrati, tutti abbiamo qualcosa da mollare sull’altare della morale e del diritto, e c’è bisogno di qualcuno che ce lo ricordi.
Questo qualcuno mi sembra che, grazie a Dio, non manchi. Certi casi ben noti possono far credere il contrario, ma i quadri della Chiesa europea sono oggi ben attrezzati, molto meglio che mai negli ultimi tempi, per far fronte alle onde della storia.
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