domenica 29 agosto 2010

Nessuno è perfetto

Appena letto Altezza Reale (Garzanti, 2004). Piacevole, ma non il massimo per un autore come Thomas Mann. Comunque, è uno di quei grandi progetti che hanno scandito la sua vita di scrittore: dopo la stesura dei Buddenbrock (1897-1901) e prima di intraprendere La montagna incantata (1912-1924), il grosso del suo lavoro, dal 1903 al 1909 (ovviamente in modo compatibile con altri compiti di portata minore: racconti, novelle, ecc.), è stato speso in Altezza Reale.

Klaus Heinrich fa di mestiere il re, pur senza esserlo veramente: per problemi di salute, il re in carica, suo fratello Albrecht, ha delegato in lui tutte le sue funzioni. Tutto sommato, non è un lavoro troppo impegnativo, perché quelle del re sono funzioni soltanto di visibilità. Infatti per Klaus Heinrich fare il re significa rappresentare, cioè recitare: incassare gli applausi della folla con espressione cordiale, far finta di voler essere informato sullo stato dell’ospedale pediatrico, mostrarsi interessato agli sviluppi della società di cacciatori, e così via. E, diciamo tutto, questo mestiere lo fa molto bene, con grande professionalità, nonostante un difetto fisico —una mano atrofizzata— che ovviamente rema un po’ contro.

Quella mano si rivelerà presto il simbolo di un’altra atrofia, quella dei suoi rapporti con il mondo reale, che la sua educazione da re ha rinsecchito. È il punto debole di Klaus Heinrich.

Tutti ne abbiamo uno (almeno uno), non è vero? Anche le persone più eccellenti. E così c’è quell’uomo sportivo, elegante, professionalmente in gamba..., che poi risulta psicologicamente fragile. O quell’altro colto, sensibile, originale, ma da tutti in azienda ritenuto inaffidabile. O quella donna dolce, simpatica, intelligente..., con però forse qualche chilo di troppo.

Il punto debole diventa normalmente il tallone di Achille, la fessura della vulnerabilità. Ma non è sempre così. Non è così, per esempio, per Klaus Heinrich, che invece troverà uno squarcio di salvezza proprio nel suo punto debole: in quella mano atrofizzata che Imma, la ragazza americana, ha voluto un giorno baciare con tenerezza.

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