venerdì 13 novembre 2009

Alda Merini: Come in esilio vado a domandare

Alda Merini è morta il giorno di Ognissanti. Per la sua goffaggine, e anche perché nel suo nome (“Alda Merini”) trovo una stimolante somiglianza con il mio, mi è stata sempre simpatica: la vedo come una con cui ho molto in comune. Certo: io, essendo molto più giovane di lei, non ho subito il manicomio, perché in Italia i manicomi sono stati chiusi nel 1978. Lei invece lo ha subito.

“Io trovo i miei versi intingendo il calamaio del cielo”, ha lasciato scritto non so dove. Adesso ecco che in quel calamaio si è tuffata tutta intera. Forse è il caso di ricordare questi toccanti endecasillabi del volume La Terra Santa (Scheiwiller, 1984), che hanno meritato di essere ripresi dieci anni fa tra quelle Poesie di Dio raccolte da Enzo Bianchi per Einaudi.

Io ti chiedo Signore per che passo
dovrei entrare senza più sentire
la tua voce di colpa e di rovina.
E invece approdo sempre alle tue sfere
quando mi mostri il firmamento...
Perché questo tuo incanto o questa frode,
cosa ti costa prendermi nel seno?
Come in esilio vado a domandare
alla luce e al giorno se hanno visto
orma di te lungo le siepi brune.

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