tag:blogger.com,1999:blog-64572980830640499012024-03-21T17:31:35.440+01:00Buenos Libros nos dé DiosLibro-Forum itagnolo di Alfredo MendizALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.comBlogger187125tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-50142179925607804202013-07-14T09:48:00.001+02:002013-07-14T09:50:37.897+02:00Torno subito<div class="MsoNormal">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT0opUonbNo_478_wdYUnFGtvQ4RXB7zWMM7CRk_tiZ-zd3_VevCjAjPsog4JyGuXsRCLmeodULikhagiq1l4UH4CfcdoK4LNQiiJAm7v1u_zUyI7EJz6oZ-8bwAXUDIKZfEkvgduT7I5N/s1600/magellano.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhT0opUonbNo_478_wdYUnFGtvQ4RXB7zWMM7CRk_tiZ-zd3_VevCjAjPsog4JyGuXsRCLmeodULikhagiq1l4UH4CfcdoK4LNQiiJAm7v1u_zUyI7EJz6oZ-8bwAXUDIKZfEkvgduT7I5N/s320/magellano.jpg" width="320" /></a><span style="font-family: "Georgia","serif";">Lo avrà detto
alla moglie, il giorno della partenza: “Torno subito”. Ma lui, Magellano, non
poteva sapere quando sarebbe rientrato. Lei aspettava un figlio, e probabilmente
avrà fatto i suoi calcoli: “con un po’ di fortuna, forse al momento del parto
lui sarà già in casa di ritorno”, avrà pensato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">È stato così con
Magellano, e sarà stato così anche con gli altri 264 uomini che il 20 settembre
1519 sono salpati con lui per fare per la prima volta il giro del mondo.
Soltanto 18 sono tornati vittoriosi, appunto sulla nave Victoria; ma non
subito, bensì tre anni dopo. Gli altri —tranne i pochi disertori della nave San
Antonio, che a metà strada ha fatto marcia indietro—, con le altre tre navi, non
ce l’hanno fatta, e tra questi va annoverato lo stesso Magellano. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">È stato il primo
giro del mondo, ma è stato anche un macello. La storia è raccontata da Stefan
Zweig in<i> Magellan: der Mann und seine Tat</i>,
quindi <i>Magellano: l’uomo e la sua impresa</i>.
Ma nelle traduzioni italiane, forse appunto perché la impresa è stata un
macello, il sottotitolo è stato cancellato, per cui il titolo è semplicemente <b><i>Magellano</i></b>.
<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">L’incertezza del
ritorno è tante volte il sale della vita. Sembra assurdo, ma quando ho trovato
la scritta “Torno subito” nella vetrina di un negozio chiuso (varie volte mi è
successo), sono rimasto sempre un po’ sulle spine. Che fare, aspettare? La
commessa sarà andata a prendere un caffè o a qualcosa di più impegnativo? Cosa
può significare “subito” per lei? Forse neanche lo sa, come Magellano quando ha
preso il largo. Nelle esperienze più banali c’è sempre l’eco di qualcosa di
grandioso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">È il sale della
vita… e della morte. La morte è il ritorno più drammaticamente incerto. Infatti
la vita è breve, torneremo subito al regno dell’ignoto. Subito, sì…, ma quando?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Visto che ci
siamo, “torno subito” lo dico oggi anch’io, perché andando in ferie interrompo
per un certo tempo, non so quanto, questo blog.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Torno subito. Buone
ferie. <o:p></o:p></span></div>
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-91721434699066973622013-06-30T09:43:00.000+02:002013-06-30T09:48:34.438+02:00Mia povera cara...<div class="MsoNormal">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3NDwSOH_ExJkmvfSAFH6wHx8F1rq4yI3n6BpmyPJ00bFccBiH2dKbGvwDjJyf5osfpbhuFO_rm7vE8nquHxwXnH6fl6XNpakUWLYePMVYOsvly6qiNPzXy_XGaV1qXDBmezXlrwek4lG8/s470/doni.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="166" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3NDwSOH_ExJkmvfSAFH6wHx8F1rq4yI3n6BpmyPJ00bFccBiH2dKbGvwDjJyf5osfpbhuFO_rm7vE8nquHxwXnH6fl6XNpakUWLYePMVYOsvly6qiNPzXy_XGaV1qXDBmezXlrwek4lG8/s320/doni.jpg" width="320" /></a><span style="font-family: "Georgia","serif";">L’ultimo libro
di Irène Némirovsky pubblicato da Adelphi è, mi sembra, <b><i>I doni della vita</i></b>, uscito
dalle stampe lo scorso settembre. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Si tratta di una
storia familiare, la storia degli Hardelot, scritta nel 1940 ma apparsa come
libro soltanto nel 1947, cinque anni dopo la morte dell’autrice nel lager di
Auschwitz. Il titolo originale, <i>Les Biens
de ce monde</i>, non si corrisponde esattamente con quello italiano. Anzi, nel
romanzo l’espressione “i doni della vita” compare in un contesto spirituale (l’amore
che si dà, il bene che si fa agli altri…, sono questi i doni della vita) pesantemente
contrapposto ai beni di questo mondo (cioè ai beni materiali, immagino).
Infatti a quel punto della storia la guerra ha letteralmente annientato tutto
ciò che gli Hardelot avevano, ma “i doni della vita” sono stati raccolti e
messi al sicuro. Le parole con le quali la Némirovsky esprime questa idea (mangiare
il pane, bere il vino, assaporare i frutti amari e dolci della terra) mi
sembrano rivelatrici delle preoccupazioni religiose degli ultimi anni della sua
vita.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Fa tenerezza
vedere gli Hardelot, di generazione in generazione, rivolgersi alle loro mogli,
quando si è già un po’ avanti negli anni, con l’espressione “Mia povera cara…”.
Arriva sempre un momento in cui ognuno scopre con sorpresa che sta utilizzando
quei termini, gli stessi che ha sentito al padre, tempo fa, quando si rivolgeva
alla madre. Poveri gli Hardelot non sono, per la verità. Ma lo diventeranno.
Come, nella vita reale, gli Epstein, cioè Irène Némirovsky e il marito Michel
Epstein.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Sono
quasi sicuro che Irène Némirovsky, che quando ha scritto <i>I doni della vita</i> aveva soltanto 37 anni, stava cominciando a
sentire a Michel, in quei momenti drammatici per loro due (tra l’altro anche
lui, a titolo di marito di una ebrea, morirà nei campi di sterminio), quella
espressione sicuramente più adatta a persone più anziane: “Mia povera cara…”.<o:p></o:p></span></div>
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-50305093232554360862013-06-15T15:18:00.001+02:002013-06-15T15:18:09.073+02:00Inglés, hispanista y catalanista
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKfBbsF91fjgNYuWVGAOtoMXn-VwicgeQV3OjCoEaz9gqFq2NgfHGagC7w68h13RaQmkRzB9pBKvPqhI7pKNe4_Rvy3GohXNWCbBWbvjaoak-nvZMeSRWl0C1cXBuNaPnjlMZppIz_pKU0/s1600/elliott.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKfBbsF91fjgNYuWVGAOtoMXn-VwicgeQV3OjCoEaz9gqFq2NgfHGagC7w68h13RaQmkRzB9pBKvPqhI7pKNe4_Rvy3GohXNWCbBWbvjaoak-nvZMeSRWl0C1cXBuNaPnjlMZppIz_pKU0/s1600/elliott.jpg" /></a><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Haciendo historia</span></i></b><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;"> es un libro de John Elliott
publicado hace unos meses por la editorial Tecnos. Tiene bastante de
autobiografía, y considerando eso el título puede resultar presuntuoso, pero hay
que decir que el título original, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">History
in its making</i>, seguramente no lo es tanto. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Elliott es un historiador consciente de estar
haciendo historia con minúscula, es decir, historiografía. Con ochenta años
largos, ha querido también hacer un poco de teoría de la historia (siempre con
minúscula), y que lo haya hecho recorriendo retrospectivamente su propia obra
no me parece censurable: al revés, lo vivencial es garantía de autenticidad.
Así, por ejemplo, Elliott explora las posibilidades y los límites del género
biográfico para la comprensión del pasado rememorando sus sucesivos
acercamientos a la figura del Conde Duque de Olivares; habla de la historia
nacional y transnacional en paralelo a la narración de sus primeras investigaciones,
que darían lugar a su tesis sobre<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> La rebelión
de los catalanes</i>; propone vías nuevas para el desarrollo de la historia
comparada desde su experiencia como estudioso de los modelos español e inglés
de colonización americana, etc.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYdSRphGzKmrKP8WtIGtEt09AyLe0qpLg5aXiwuunKWnVRatbAiy5rMPYbSREJbntR7QGnaA2v6RkWaQFJa_dj6prmotsaN9LximkP6R8TbiUTXgdjASuZJZzqD1G6qy4YxmAcDFLO6waO/s1600/olivares.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYdSRphGzKmrKP8WtIGtEt09AyLe0qpLg5aXiwuunKWnVRatbAiy5rMPYbSREJbntR7QGnaA2v6RkWaQFJa_dj6prmotsaN9LximkP6R8TbiUTXgdjASuZJZzqD1G6qy4YxmAcDFLO6waO/s320/olivares.jpg" width="251" /></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Son trabajos que, vamos a decirlo todo, yo no he
leído. Yo de Elliott, aparte de <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Haciendo
historia</i>, solo he leído <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La España
imperial (1479-1716)</i>, un manual escrito en los años sesenta que en
sucesivas ediciones ha ido siendo revisado y actualizado. Me sorprendió, cuando
lo leí, que algunas batallas que me habían hecho aprender en el bachillerato ni
las mencionaba (Pavía y San Quintín, me parece recordar). Pero daba
explicaciones brillantes sobre cuestiones decisivas. Me quedó muy claro, sobre
todo, que si la España de los Reyes Católicos se convierte de pronto en una
gran potencia es por la síntesis de la experiencia política de la Corona de
Aragón y la energía de Castilla. Luego, sin embargo, las cosas se estropean, no
raramente por motivos banales. Cataluña queda fuera del comercio americano por la
vieja vinculación de los banqueros genoveses con los negocios castellanos, precedente
a la unión de Castilla y Aragón. El saneamiento político promovido por Olivares
se malogra por una inoportuna intervención en Mantua, en torno a una cuestión
sucesoria que da origen a una desastrosa cadena de guerras. En el último cuarto
del siglo XVII, Cataluña recupera su dinamismo económico gracias, en buena
parte, a la inmigración francesa, que le pone en contacto con una Europa de
nuevo en fase ascendente, pero para entonces Castilla ha entrado
definitivamente en declive… <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Elliott es un hispanista cuyo amor a España no le
impide señalar dónde la historia de España ha tomado caminos a su juicio equivocados:
en Flandes, por ejemplo, con Felipe II. Es, además, un enamorado de Cataluña, y
que no aplauda, por ejemplo, algunos hechos de la rebelión contra Olivares
responde a la misma lógica. En eso no está solo, tiene buena compañía de
historiadores catalanes: sobre todo, Jaume Vicens i Vives, el historiador del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">seny</i> y del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pactisme</i>. A él dedica Elliott, en <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Haciendo historia</i>, algunas páginas luminosas.<o:p></o:p></span></div>
<br />
ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-40658839556291781892013-05-31T17:44:00.002+02:002013-06-01T16:13:41.175+02:00Juan XXIII, el cura bueno<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: small; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><o:p><span style="font-size: large;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">El lunes se cumplen
cincuenta años de la muerte del beato Juan XXIII. El papa bueno, lo llaman en
Italia (“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">il papa
buono</i>”). Después de leer su <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Diario del alma</i></b>
(Ediciones San Pablo, 2008), pienso que sería más exacto llamarle “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">il prete buono</i>”,
el cura bueno.</span><span lang="ES" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES;"><o:p></o:p></span>
</span></o:p></span><br />
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: small; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF84BRs8x_FG-k-Ru9wKyhnVChK4SoNdeuqlRR66JUuv1JRe3keqS8gQ5fDugSA-DQFlSmKqadzK5X0kdzrpxHmfvfLCiTj2hwAUxLYuSW4sf3YdRTmNwtW7ZE8uBVcQUJEu_tr4L-dMqC/s1600/alma.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF84BRs8x_FG-k-Ru9wKyhnVChK4SoNdeuqlRR66JUuv1JRe3keqS8gQ5fDugSA-DQFlSmKqadzK5X0kdzrpxHmfvfLCiTj2hwAUxLYuSW4sf3YdRTmNwtW7ZE8uBVcQUJEu_tr4L-dMqC/s1600/alma.jpg" /></a><br />
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF84BRs8x_FG-k-Ru9wKyhnVChK4SoNdeuqlRR66JUuv1JRe3keqS8gQ5fDugSA-DQFlSmKqadzK5X0kdzrpxHmfvfLCiTj2hwAUxLYuSW4sf3YdRTmNwtW7ZE8uBVcQUJEu_tr4L-dMqC/s1600/alma.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: large; mso-ansi-language: ES-TRAD;">El <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Diario del alma</i> recoge
las anotaciones espirituales que fue tomando Angelo Roncalli a lo largo de casi
setenta años, desde su entrada en el seminario hasta su muerte, cuando ya no
era Angelo Roncalli sino el papa Juan XXIII.</span></div>
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: large; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Roncalli nació en la
provincia de Bergamo, en una familia cristiana, numerosa (trece hermanos) y
pobre, que es como decir dos veces cristiana. Siendo ya seminarista, obtuvo una
beca para estudiar en Roma, donde se ordenó. Pero sus padres, por falta de
medios, no pudieron asistir a la ordenación.</span></div>
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><u1:p></u1:p><span style="font-size: large;">En la santidad
de Roncalli, aquella familia campesina puso la materia. La forma, aunque en su
versión definitiva será el fruto de toda una vida de experiencias y de
ejercicio de la voluntad (y, claramente, de gracia de Dios), queda plasmada
decisivamente ya muy pronto, en los años del seminario.</span></span></div>
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: large; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Del <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Diario del alma</i>
hay en italiano una edición crítica preparada por Alberto Melloni, un
historiador de la escuela de Alberigo, que proporciona datos luminosos sobre
algo que en una edición corriente solo se intuye: la intensa espiritualidad con
que se formaba a los sacerdotes hace cien años. ¡Qué pena que después hayamos
bajado el listón! Ciertamente los tiempos han cambiado, el ambiente es
distinto, hay exigencias que van en otra dirección, pero también es cierto que si
en los pastores de la Iglesia no hay una fuerte espiritualidad, nosotros, los
demás católicos, no vamos a pasar de mediocres corderitos bienintencionados.</span></div>
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgW3GItUB7Qf0NeY-iY-P6bYTCnTZj_ygU3ocIIUQMWSaNDdNCrVp-RivK4-ns89ljEO6pbq7otEP31pXImH-4I8pOp3l1DtlVZlHmfQfloDnNUFf3eDh3OO8-z0GCmsTDLa2j8yOG6cbpC/s1600/roncalli.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgW3GItUB7Qf0NeY-iY-P6bYTCnTZj_ygU3ocIIUQMWSaNDdNCrVp-RivK4-ns89ljEO6pbq7otEP31pXImH-4I8pOp3l1DtlVZlHmfQfloDnNUFf3eDh3OO8-z0GCmsTDLa2j8yOG6cbpC/s1600/roncalli.jpg" /></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: large; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Esa fuerte
espiritualidad es común a Roncalli y a otras figuras sacerdotales de su tiempo,
tanto en el planteamiento general como en muchas manifestaciones particulares.
A mí, en concreto, me han impresionado los abundantes paralelismos entre el <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Diario del alma</i>
(y otros textos de Roncalli citados por Melloni) y los escritos de Josemaría
Escrivá. Por ejemplo, ambos autores glosan con idéntico sentido expresiones
bíblicas como “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">nunc
coepi</i>” (de un salmo, en versión preconciliar),“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">militia est vita hominis
super terram</i>”,del libro de Job, o “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">erat subditus illis</i>”,del
evangelio de Lucas; o paganas, como el “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">age quod agis</i>” de
Plauto. Ambos, al referirse a la pureza, suelen anteponerle el adjetivo
“santa”, y ambos evitan hablar del vicio contrario, por considerarlo materia
“más pegajosa que la pez”. Ambos viven un plan de devociones diarias muy
parecido, desde el ofrecimiento de obras al levantarse hasta las tres avemarías
de la pureza al acostarse.</span></div>
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: large; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Evidentemente, ambos
beben en una misma fuente: un programa formativo que hace un siglo estaba
vigente no solo en Bergamo y Roma, sino en toda Europa. </span></div>
<div style="margin-bottom: 6pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><u1:p></u1:p><span style="font-size: large;">Aquellos
sacerdotes santamente formados pertenecen a un pasado no demasiado lejano. Su
influencia benéfica en gran número de almas debería mover a reflexión a quien pueda
tomar cartas en el asunto.</span></span><span lang="ES" style="font-family: "Georgia","serif"; font-size: 11pt; mso-ansi-language: ES;"><o:p></o:p></span></div>
</div>
</span><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<br /></div>
<br />
<span style="font-size: large;"></span><br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-43606572518627787192013-05-17T18:30:00.000+02:002013-05-17T18:57:33.310+02:00Anonimo ortodosso<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnJDrboo0Inml5eCwgeZQfBaTbmqvoMuusCiTYiGkVkRlGui5sAY-4zMXq30GVglvFJmU6d2MhhyphenhyphenNGYfzzAVzBEf8EYYqczYVjWrdRg-1lYT1_euUSrwer3ZnLdPLPyldw9744yA9TqWZe/s1600/pellegrino.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnJDrboo0Inml5eCwgeZQfBaTbmqvoMuusCiTYiGkVkRlGui5sAY-4zMXq30GVglvFJmU6d2MhhyphenhyphenNGYfzzAVzBEf8EYYqczYVjWrdRg-1lYT1_euUSrwer3ZnLdPLPyldw9744yA9TqWZe/s200/pellegrino.jpg" width="126" /></a><span style="font-family: "Georgia","serif";">La storia del
libro sarebbe già da sé un racconto. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Racconti di un pellegrino russo</i></b> è un
libro anonimo, tanto per cominciare; ma non di un’epoca troppo remota: è un libro
scritto nell’Ottocento. A quanto pare, l’autore è stato veramente un pellegrino
russo: un viandante votato alla preghiera che a un certo punto, per ordine del
suo direttore spirituale, ha messo per scritto le esperienze che ha vissuto, le
storie sentite a persone che ha incontrato e, soprattutto, le cose che ha
imparato sulla preghiera.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Questo
pellegrino, lo dico subito, si trova vari gradini al di sopra di me nella scala
dello spirito. Il libro comunque —anzi, direi che proprio perciò— è di lettura
consigliabilissima. Fa parte di una serie di testi mistici che la casa editrice
Rusconi ha pubblicato negli anni settanta, quando un personaggio irripetibile,
Alfredo Cattabiani (1937-2003), ha preso le redini della sezione libri. Con lui
collaborò quella strana coppia formata da Elémire Zolla (1926-2002) e Cristina
Campo (1923-1977). Infatti <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Racconti di un
pellegrino russo</i> ha una introduzione veramente coinvolgente di Cristina
Campo.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Cattabiani, pur
essendo un cattolico di ferro, si interessava alla mistica non solo cristiana
in senso ampio, cattolica e non cattolica, ma anche non cristiana: hassidica,
sufìca, tibetana… Veramente tutte hanno qualcosa in comune, e non a caso
Salinger, in un romanzo, associa narrativamente <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Racconti di un pellegrino russo</i> con la mistica orientale. Comunque
sia, la mistica era roba che troppe persone a quei tempi ritenevano eccentrica
e sospetta. Sarà stata colpa della “sinistra neoilluminista”, come diceva
Cattabiani, che era di destra, oppure sarà stata colpa di altro, ma di fatto nel
1979 l’editore Edilio Rusconi ha scaricato Cattabiani, l’uomo che di quel
gruppo editoriale dedito prevalentemente ai rotocalchi aveva fatto un
prestigioso foco di cultura. A parte scelte commercialmente azzeccate come
Tolkien (o come appunto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Racconti di un
pellegrino russo</i>, che ha avuto numerose ristampe nel corso degli anni), a Cattabiani
si deve, soprattutto, un prezioso filone di libri che scavano nei miti, con
autori che poi sono passati di peso nel catalogo di Adelphi: Guénon, la stessa
Campo... <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Il pellegrino
russo mi risulta molto distante: lui è ortodosso e io invece sono cattolico;
lui è un mistico, io un povero scettico che crede in poche cose. Ma mi
piacerebbe trovare uomini come lui lungo la strada della mia vita. Purtroppo
non ce ne sono più.
<br /><br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-80000616480780556132013-04-28T15:30:00.001+02:002013-04-28T15:32:49.502+02:00Zagajewski, poeta impegnato<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNRCPNGy__4dgPmNQQmVslvzRPatkNVIL1Anh7HpTeqyLpB_c-dqq8PDlS2qDcnTsdXZXIh4NRKlw7oqKi4PwHVi59C_MWq4gjrZEpqZhfyHwwJDaUKerPqpUuKzffAFO7h8jdW3BJaMLI/s1600/adam.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNRCPNGy__4dgPmNQQmVslvzRPatkNVIL1Anh7HpTeqyLpB_c-dqq8PDlS2qDcnTsdXZXIh4NRKlw7oqKi4PwHVi59C_MWq4gjrZEpqZhfyHwwJDaUKerPqpUuKzffAFO7h8jdW3BJaMLI/s320/adam.jpg" width="200" /></a><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Siamo
come palpebre, dicono le cose, <o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">sfioriamo
gli occhi e l’aria, l’oscurità<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">e
la luce, l’India e l’Europa…</span></i><span style="font-family: "Georgia","serif";"><o:p> </o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Dalla vita degli oggetti</span></i></b><span style="font-family: "Georgia","serif";"> (Adelphi 2012, a cura di Krystyna
Jaworska) è una antologia poetica di Adam Zagajewski. I versi precedenti
appartengono al poema da cui essa prende il nome, che naturalmente non è
l’unico in cui l’autore dialoga con gli oggetti. Si veda, per esempio, quella
intitolata <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pittori d’Olanda</i>. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Una
donna sbuccia in raccoglimento una mela vermiglia.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">I
bambini sognano la vecchiezza.</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Qualcuno
legge un libro (il libro è letto),</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">qualcuno
dorme e si muta in caldo oggetto</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">che
respira (come una fisarmonica)…<o:p></o:p></span></i></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Zagajewski non si rifiuta
di parlare delle cose come “oggetti”. Rilke, che riteneva che oggettivare le
cose fosse sempre un’aggressione contro le cose stesse, forse avrebbe avuto
qualcosa da dire. Ma c’è poco da fare: le cose ci interpellano.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">(…)
Dite, pittori d’Olanda, cos’accadrà<o:p></o:p></span></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Quando
la mela sarà sbucciata,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">quando
si offuscherà il velluto,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">quando
tutti i colori diventeranno freddi?<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Dite
cos’è l’oscurità.</span></i><span style="font-family: "Georgia","serif";"><o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">Le cose ci interpellano,
perché inevitabilmente siamo fatti di rapporti con persone, animali e cose. Di
particolare interesse mi sembra, a questo riguardo, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La separazione</i>, dove “oggetto” della visione del poeta è la propria
moglie: oggetto d’amore in senso forte, oggetto addirittura inseparabile da lui.
<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: "Georgia","serif";">E nel dichiararlo
inseparabile, in un contesto in cui tutto parla di individualismo e di separatezza,
Zagajewski prende un impegno etico non solo con sua moglie (anche se, diciamo
tutto, non è la prima), ma con l’universo poetico.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">Quasi
con invidia<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>leggo le opere dei miei
contemporanei<o:p></o:p></span></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">su
divorzi, addii, il dolore delle separazioni;<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">sofferenza,
nuovi inizi, piccole morti;<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">lettere
lette e bruciate, bruciare e leggere, fuoco e cultura,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">ira
e disperazione — magnifica materia per una poesia riuscita;<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">un
duro giudizio, a volte una risata sarcastica di superiorità morale,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">e
insieme definitivo trionfo della continuità individuale.<o:p></o:p></span></i><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">E
noi? Non ci saranno elegie, né sonetti sulla separazione,<o:p></o:p></span></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">non
ci dividerà lo schermo dei versi,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">non
si porrà fra noi una metafora riuscita,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">l’unica
separazione che ora ci minaccia è il sonno,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">il
profondo antro del sonno la cui soglia varchiamo separati,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">—
e devo sempre ricordare che la tua mano,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Georgia","serif";">stretta
nella mia, è fatta di sogni.<o:p></o:p></span></i>
<br /><br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-46490730864778377512013-04-14T10:31:00.001+02:002013-04-15T10:22:13.946+02:00El estoicismo del teniente Drogo<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTG5vgkav0zq3KobmP8xa-bO51nvKIM84Pyv41YIvWS3wUceRG3Us4wyGLBN5lgYzOamCHb5rEst_qM8pixlFeLLhHfD_PxYKL58lJHi1yHsa7aJIxIVmrXAL4u-TGkKPBtcRdV4B4pERq/s1600/buzzati.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTG5vgkav0zq3KobmP8xa-bO51nvKIM84Pyv41YIvWS3wUceRG3Us4wyGLBN5lgYzOamCHb5rEst_qM8pixlFeLLhHfD_PxYKL58lJHi1yHsa7aJIxIVmrXAL4u-TGkKPBtcRdV4B4pERq/s320/buzzati.jpg" /></a>El teniente Drogo es enviado a una posición fronteriza. Es su primer destino. Más allá, en el inexplorado desierto, acecha el enemigo.
<b><i>El desierto de los tártaros</i></b>, de Dino Buzzati (Alianza, 2012), es una de las grandes novelas del <i>impasse</i> de la aspiración del hombre moderno a la trascendencia. Otra sería <i>El castillo</i>, de Kafka, pero lo que en K. es empeño frustrado, denuedo, agonismo, en Drogo es pura espera y pasividad: <i>impasse</i> no solo padecido, sino, por así decir, practicado.<br />
<br />
Al poco de llegar, Drogo se da cuenta de que aquel sitio es un cuelgue, como diríamos hoy. Ve cómo otros oficiales piden el cambio de destino y se lo dan, y él mismo emprende muy pronto la sencilla gestión burocrática de la solicitud de traslado. Ya todo está expedito para su marcha cuando algo le detiene: Drogo finalmente decide quedarse, porque el día en que el enemigo ataque él quiere estar allí, él tiene que estar allí.<br />
<br />
Pasarán los días, los meses, los años. Drogo envejece sin que el enemigo se haya presentado. Pero ha sido fiel a lo que, nunca mejor dicho, era su destino, y en el momento de la muerte tendrá un atisbo de esos tártaros amenazadores que han dado sentido a su vida. Naturalmente, su condición de moribundo le impedirá hacer nada contra ellos; y naturalmente, la posteridad no conservará de él ninguna memoria.<br />
<br />
En 1940, cuando Buzzati publicó <i>El desierto de los tártaros</i>, Italia entró en la guerra al lado de Alemania y se convirtió en un tártaro que se despertaba. Hoy es más bien un teniente Drogo que espera el ataque, la embestida final de esos nuevos tártaros que son los mercados. Mejor esto que lo otro.
<br /><br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-48048530148106464302013-03-30T16:35:00.002+01:002013-03-30T16:36:44.460+01:00La Pietà de Gerardo Diego<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">El Sábado Santo es santo por Jesús muerto, pero también por la Virgen.
Me gusta recordarla hoy con un breve fragmento de un <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Viacrucis</i></b> que publicó en
1931 el poeta santanderino Gerardo Diego: las dos décimas de la penúltima estación,
en la que se contempla el momento en que el cadáver de Jesús, desclavado de la
cruz, es entregado a la Virgen. <o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgB40afyR2bq4hEeFoqTvN21d_op0cHCPgnsUXqbCDmdMD2HUInov1JWjM0Io4mK3NyZuewTurN2DTEOQ42apXKTVoFvprwc8DAcS2f88cADeM-znar4gi5SS9ATBOvqA10soBgCGyElExL/s1600/gerardo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgB40afyR2bq4hEeFoqTvN21d_op0cHCPgnsUXqbCDmdMD2HUInov1JWjM0Io4mK3NyZuewTurN2DTEOQ42apXKTVoFvprwc8DAcS2f88cADeM-znar4gi5SS9ATBOvqA10soBgCGyElExL/s320/gerardo.jpg" width="320" /></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Gerardo Diego (1896-1987) es uno de los compañeros de Salinas y García
Lorca en la generación del 27.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<span style="font-family: Georgia;"></span><br />
<span style="font-family: Georgia;"><strong>Penúltima estación</strong></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">He aquí
helados, cristalinos,<o:p></o:p></span></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">sobre el
virginal regazo,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">muertos ya para
el abrazo,<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">aquellos
miembros divinos.<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Huyeron los
asesinos.<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Qué soledad sin
colores.<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Oh, Madre mía,
no llores.<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Cómo lloraba
María.<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">La llaman desde
aquel día<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">la Virgen de
los Dolores.<o:p></o:p></span></i><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">¿Quién fue el
escultor que pudo<o:p></o:p></span></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">dar morbidez al
marfil?<br />
¿Quién apuró su buril<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">en el prodigio
desnudo?<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Yo, Madre mía,
fui el rudo<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">artífice, fui
el profano<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">que modelé con
mi mano <o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">ese triunfo de
la muerte<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">sobre el cual
tu piedad vierte<o:p></o:p></span></i><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">cálidas perlas
en vano.<o:p></o:p></span></i>
<br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-76062180819405555782013-03-15T17:11:00.002+01:002013-03-17T15:43:22.448+01:00Un Papa in metropolitana<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQZZn99nw6yQ7o3ARsdRUabsSI55kETVNEIvUTJY_n4wO5jFWO_yr0-Kvx7xuyErfiKAOCgqDJ8doY5BObU7BrEBhsmsAp88LK1UvfuLv1fI_fBv9IHz8f70eTmITMgEBnJJClDnZpSJt7/s1600/francesco.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQZZn99nw6yQ7o3ARsdRUabsSI55kETVNEIvUTJY_n4wO5jFWO_yr0-Kvx7xuyErfiKAOCgqDJ8doY5BObU7BrEBhsmsAp88LK1UvfuLv1fI_fBv9IHz8f70eTmITMgEBnJJClDnZpSJt7/s1600/francesco.jpg" /></a>É la foto che ha fatto il giro del mondo nelle ultime ore: la foto della semplicità. Posso dire che io la foto della semplicità l’ho fatta pure, l’altro ieri: un colpo di fortuna mi ha permesso di raggiungere piazza San Pietro subito dopo l’elezione di Papa Francesco e di ricevere la sua prima benedizione. Solo che il mio cellulare è anche “semplice”, anzi è troppo semplice per produrre una fotografia degna di questo nome, e quindi nella foto che ho fatto non si vede un bel niente.
<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifgdIcztQY9YrDnGzjECjChuC741bk79TW55VAdL-4r9ufP56EO2Fvc8TvGBt_lijhDp9GjGi8Hkf1eM8-rY8uWqcRBAgeibMBGTlJShuC-8TK94ScYPC9K8Gv9PXGPloFYA-83WLjTdPG/s1600/cattaneo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifgdIcztQY9YrDnGzjECjChuC741bk79TW55VAdL-4r9ufP56EO2Fvc8TvGBt_lijhDp9GjGi8Hkf1eM8-rY8uWqcRBAgeibMBGTlJShuC-8TK94ScYPC9K8Gv9PXGPloFYA-83WLjTdPG/s320/cattaneo.jpg" width="229" /></a>Il libro <em><strong>Sorpresi dalla fede</strong></em>, che in questi giorni ho avuto fra le mani (Elledici 2013, a cura di Arturo Cattaneo), mi è piaciuto anche per quello: per la semplicità. In questo senso, mi sembra un’ottima lettera di presentazione dei cattolici italiani (e italo svizzeri) al nuovo Papa: gente semplice che racconta storie semplici, ma belle, di conversione o di fede vissuta nel quotidiano. Altro che richieste di sacerdozio femminile o di nozze gay, come dice Almodovar di voler chiedere a Papa Francesco (qualcosa di banalmente trendy doveva dire, in fase di promozione del suo film); altro che sospetti sulla Curia vaticana…: la fede c’entra in primo luogo con la propria vita. E le 46 testimonianze raccolte in questo libro, che vanno dall’operaio all’imprenditore, dalla studentessa all’attrice, con una forte presenza di intellettuali, mostrano proprio ciò: la propria vita, fatta di fede e di semplicità.<br />
<br />
Nel libro ci sono le storie di certe celebrità, giusto per attirare qualche lettore più portato alla televisione che ai libri. Ma è soprattutto la gente comune a tener banco. E i loro racconti sono spesso toccanti, addirittura poetici. Una neurologa di Crotone, madre di due figli, ricorda il suo disappunto, da bambina, quando si alzava al mattino e trovava le sue pantofole non allineate una accanto all’altra: non sapeva che suo padre, arrivato tardi a casa, era entrato nella stanza al buio per darle un bacio e involontariamente le aveva spostate. Poi ha capito. E scrive: “Adesso quando mi sforzo di allineare le mie faccendine quotidiane, di metterle come io mi aspetto che debbano essere e poi le ritrovo in disordine, qualche volta mi capita di pensare che mio Padre, nella sua immensa dolcezza, mi sta mettendo in disordine ‘le mie piccole cose’ per darmi una carezza”.<br />
<br />
Lo so che adesso il Papa non userà più i mezzi, se non altro perché a Roma i trasporti pubblici sono talmente scadenti che si fa prima spostandosi a piedi, ma per me quella foto di Buenos Aires è molto stimolante: mi parla di questa vita semplice, fatta di corse in metropolitana e pantofole accanto al letto, che riconosco come propria.
<br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-82404883074011834342013-02-24T10:28:00.001+01:002013-02-24T10:28:21.927+01:00Persona secondo Simone Weil
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnDQGOasgxO9FbMwsl40CiZQz3dluKGJk0iTpHacKjVejTUIAMxcSEQF7jknscqR963_U-aXCIfGUERqcCMS5uKFAA4u-xQmMxrkbduWy3l6MaS_-32dD15e-CeUrgVuSx7mnWlx-yxX74/s1600/simone.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnDQGOasgxO9FbMwsl40CiZQz3dluKGJk0iTpHacKjVejTUIAMxcSEQF7jknscqR963_U-aXCIfGUERqcCMS5uKFAA4u-xQmMxrkbduWy3l6MaS_-32dD15e-CeUrgVuSx7mnWlx-yxX74/s1600/simone.jpg" /></a><span style="font-family: Georgia;">Negli
ultimi mesi di vita, Simone Weil (1909-1943), approdata a Londra, ha scritto,
per incarico del governo della Francia Libera, alcuni saggi con proposte
teoriche per l’assetto ideologico e morale del futuro stato francese. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La
persona e il sacro</i></b>, che Adelphi ha pubblicato pochi mesi fa in italiano
come opuscolo autonomo, sottraendolo alla raccolta canonica degli <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Écrits de Londres</i>, è uno di questi
testi.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Come
al solito, Simone Weil è affascinante. E come al solito, diciamolo pure, anche
Adelphi fa egregiamente la sua parte: lascia parlare l’autore, senza
introduzioni che possano condizionare la lettura, con soltanto, alla fine,
alcune note —senza rimandi nel testo, che sarebbero irrispettosi con l’autore—
e un commento firmato da un esperto (in questo caso, Giancarlo Gaeta) per chi,
una volta letto il libro, vuole chiarimenti e approfondimenti. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">“In
ogni uomo vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. E neppure la persona
umana. È semplicemente lui, quell’uomo”, scrive Simone Weil. Il sacro è, per
lei, il bello e il vero. Di fronte a ciò, la persona ha un’importanza
secondaria. E lo stesso vale per altri valori che riteniamo (erroneamente,
secondo lei) una sorta di fari intangibili della storia, come i diritti umani o
la democrazia. Persona, diritto, democrazia…, non vanno assolutizzati, dice la
Weil, sono concetti intermedi, si trovano a metà strada tra la forza bruta e il
sacro.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">L’errore,
il peccato, appartengono alla persona. La perfezione invece è impersonale. C’è,
in queste idee di Simone Weil, il suo platonismo e il suo interesse per la
matematica. Ma c’è anche, molto forte, la sua spinta al misticismo: «tutti gli
sforzi dei mistici hanno sempre mirato che nella loro anima non vi fosse più
neppure una parte che dicesse “io”», tiene a ricordarci. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">E
ciò richiama ancora la distinzione tra la parte nobile e la parte mediocre,
curvata su se stessa, dell’anima, un altro elemento fondante del sistema di
Simone Weil che puntualmente si fa vivo, con luminosa coerenza di pensiero,
anche qui. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">È
una tesi, questa della persona come valore secondario nei confronti del sacro,
sulla quale non oserei pronunciarmi: non sono neanche sicuro che il concetto di
persona con il quale si confronta<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Simone Weil trovi d’accordo tutti i pensatori che sulla persona hanno
scritto pagine rilevanti (Boezio, Maritain, Buber…). Eppure è una tesi
suggestiva. È senz’altro provocatoria, e non sempre le cose provocatorie sono
da diffidare.<o:p></o:p></span></div>
ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-75579992658360832942013-02-10T14:06:00.001+01:002013-02-10T14:08:20.621+01:00Transformismo y desahucio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDaNZYNk_04xtAgVH-ZfmD4Au2EnO5OoTS1BeH5GqZ-n6uIgPaoBQywQmACeBSD3uNco0mT7V2fdhUVoN2wUSXFGOSpGUBGW7iUoBZfbMejXXDDrce_RmD3H_mnrsFacIHV40cPmPmd8bn/s1600/green.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDaNZYNk_04xtAgVH-ZfmD4Au2EnO5OoTS1BeH5GqZ-n6uIgPaoBQywQmACeBSD3uNco0mT7V2fdhUVoN2wUSXFGOSpGUBGW7iUoBZfbMejXXDDrce_RmD3H_mnrsFacIHV40cPmPmd8bn/s320/green.jpg" width="213" /></a></div>
<span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">Por admiración o por envidia, todos alguna vez
habremos deseado ser, en vez de nosotros mismos, otra persona. No ya </span><i style="font-family: Georgia; text-align: justify;">tener</i><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">, por ejemplo, el rostro de Clark
Gable, o las piernas de Messi, o el ingenio de Mark Twain…, sino </span><i style="font-family: Georgia; text-align: justify;">ser</i><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;"> otro: ser precisamente Fulano de
Tal, ese señor que más o menos conocemos y que nos parece tan superior en todos
los aspectos, o simplemente tan feliz.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><i><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Si yo fuese usted…</span></i></b><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">, de Julien Green,
plantea esa aspiración como un objetivo perfectamente alcanzable. Fabien, el
protagonista, se decide un día a ser Poujars, su jefe, y con un sencillo truco
se convierte en él. “Arte diabólica es”, hay que decir con el portugués
moratiniano. Sí, diabólica, y no solo por la condición de Brittomart, el
personaje que otorga ese poder a Fabien, sino también porque, en sus sucesivos
avatares (Poujars es el primero de cuatro), Fabien descubrirá que las
apariencias engañan: el rico tiene mala salud, el hombre apuesto detesta a su
mujer… La triste realidad que descubre Fabien en su viaje a través de las almas
es que nadie está contento con lo que tiene. Es decir, que Brittomart le ha
engañado.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Pero hay más. Con sus metamorfosis, Fabien va
perdiendo su propio yo. Llega un momento en que desea ser él mismo, porque advierte
que ya no lo es, pero ¿cómo
reencontrarse?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<i><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Si yo fuese
usted…</span></i><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;"> es de 1947: estamos a mitad de la larga vida de Julien Green
(1900-1998). ¿Qué tendría Green en su mente cuando escribió esta novela? No lo
sé: no conozco bien su vida. Solo sé que, nacido protestante, se había
convertido muy joven al catolicismo, para alejarse de la religión en 1929,
aunque luego lentamente había vuelto a la fe. En los años sesenta se sentirá
tan católico que se quejará de los cambios que Pablo VI, tras el Concilio,
había introducido en la liturgia, que a él, converso, le parecían una
protestantización del rito católico, un regreso forzoso al protestantismo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia;">No creo que el
transformismo religioso de Julien Green esté en relación con el transformismo
de identidades de Fabien, pero claramente en ambos se da un proceso
involuntario de desahucio interior. La ventaja de Julien Green es que él, al
menos, encontró un padre que sin duda le apreciaba y que seguramente le hizo
sentirse en casa. Muchas quejas similares a la suya debieron de llegar a oídos
de Pablo VI, pero solo él recibió una respuesta directa, personal, del Papa, en
forma de carta: una carta clara, pero paternal y generosa. </span>
<p></p><p></p>ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-88497604394543675902013-01-27T18:57:00.000+01:002013-01-27T18:57:26.797+01:00Rusia eterna
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRewPEcfYBknRLCp2If-9JkfB5zkWtCvc_7aEGW2Nul08x1ToyTukWu-eRJ3e4eR-WB_s8Hj2RkeLeyFHkoqMMH0M4pONoZeBX5_C7yoEEid1Wqu9AxaePDLxjL1x9BLUVEhT4jCX9C8VC/s1600/demonios.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRewPEcfYBknRLCp2If-9JkfB5zkWtCvc_7aEGW2Nul08x1ToyTukWu-eRJ3e4eR-WB_s8Hj2RkeLeyFHkoqMMH0M4pONoZeBX5_C7yoEEid1Wqu9AxaePDLxjL1x9BLUVEhT4jCX9C8VC/s1600/demonios.jpg" /></a><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Los demonios</span></i></b><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">
no me parece una de las mejores novelas de Dostoievski: por ejemplo,
seguramente le falta unidad; y le sobra sarcasmo, en algunos pasajes. Pero es
uno de esos libros que las generaciones posteriores colocan en el olimpo metaliterario
porque reconocen en él un oráculo. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Los
demonios</i> toma pie de un hecho real cinco años anterior a su redacción: el
misterioso asesinato de un estudiante por un grupo de conspiradores en 1866. Y
sin embargo, predice el futuro de Rusia. </span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">¿Quiénes son los demonios en esta novela? En realidad,
son los del lunático de </span><a href="http://www.vatican.va/archive/ESL0506/__PV7.HTM"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><span style="color: blue;">Gerasa</span></span></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">:
aquel hombre por cuya boca habló una legión de demonios que, temerosos de
Jesús, pidieron entrar en unos cerdos.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">El pasaje
evangélico que narra la historia de aquel endemoniado figura, destacado en
epígrafe, al comienzo de la novela. Y su sentido es aclarado al final, en uno
de los últimos capítulos, por uno de los personajes, Stepan Trofimovich, profeta
por una vez en su lecho de muerte: “Eso corresponde cabalmente a nuestra Rusia.
Esos demonios que salen del enfermo y entran en los puercos son todas las
úlceras, todos los miasmas, todas las impurezas, todos los demonios grandes y
pequeños que se han ido acumulando en este muestro grande y amado inválido, en
nuestra Rusia, siglo tras siglo. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Oui,
cette Russie, que j’aimais toujours!</i> Pero una gran idea y una gran voluntad
la escudarán desde las alturas, como a ese loco poseído por los demonios; y
todos esos demonios, toda la impureza, toda esa abominación que supuraba en la
superficie…, todo eso pedirá que lo dejen entrar en los puercos. ¡Y quizá haya
entrado ya! Eso es lo que somos nosotros, nosotros y esos, y Petrusha… <i style="mso-bidi-font-style: normal;">et les autres avec lui</i>, y yo el primero,
delante de todos, y nos arrojaremos, los delirantes y endemoniados, de un
acantilado al mar y nos ahogaremos todos, y nos estará bien empleado porque eso
es lo único para que servimos. Pero el enfermo sanará y ‘se sentará a los pies
de Jesús’… y todos lo mirarán pasmados…”.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Rusia es el
enfermo salvado, y los nuevos rusos de entonces son los demonios que se condenarán.
Para Dostoievski, ni Piotr Stepanovich, el revolucionario acogido por los
aristócratas en un vagón de primera clase; ni su padre, el afrancesado Stepan
Trofimovich; ni Nikolai Stavrogin, héroe maldito, cruel e indiferente, son
dignos de la santa Rusia.</span></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhscusIGnSA6x9m7A8obwLeCr2FIgXpWpFGudfdeVNtQDd2Uej8lYquPE7gRU5SqdvjW8OFGDLFN57vDF18N3gZxP488QIjW-7NhTG77i7df1pUVAVD7bHk7eE5dPCcUNGY_fPvRZYesfok/s1600/kremlin.gif" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhscusIGnSA6x9m7A8obwLeCr2FIgXpWpFGudfdeVNtQDd2Uej8lYquPE7gRU5SqdvjW8OFGDLFN57vDF18N3gZxP488QIjW-7NhTG77i7df1pUVAVD7bHk7eE5dPCcUNGY_fPvRZYesfok/s320/kremlin.gif" width="320" /></a><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Han pasado casi
ciento cincuenta años. En medio quedan el gulag, las purgas estalinistas y dos
guerras mundiales en las que han muerto más rusos que alemanes, franceses,
ingleses o americanos. Pero ahora, tras una momentánea muerte económica a raíz
del colapso soviético, Rusia está ahí de nuevo, sana y en pie: si no santa, al
menos sana.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;">A veces se habla de </span><a href="http://temi.repubblica.it/limes/gerussia-3/26851"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><span style="color: blue;">Gerussia</span></span></a><span style="font-family: "Georgia","serif"; mso-ansi-language: ES-TRAD;"> <span lang="ES-TRAD">para designar la convergencia de intereses estratégicos entre
Alemania (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Germany</i>) y Rusia, los dos
gigantes de la Europa actual. Es una palabra muy parecida a Gerasa: tanto por
parte alemana como por parte rusa, una lección de palingenesia.</span></span><span lang="ES-TRAD" style="mso-ansi-language: ES-TRAD;"><o:p></o:p></span></div>
<br />
ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-69598577602175099172013-01-13T20:03:00.000+01:002013-01-14T08:55:56.905+01:00Pochi ma liberi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrMURjjLMaIBdN4Z0AMPvrF2vjUZH17PgsX6hxG9ahHQK449KlCZj8Ay7_70cZ3z7Bl7tPl35hw4yTS_GSEQfV8Qh0CtS8jg8l7JYt3q2VzOrMlcI7n4cMwPHrXHEZSIDLs1o7ZnRpTiNA/s1600/jutta_burggraf_1997.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrMURjjLMaIBdN4Z0AMPvrF2vjUZH17PgsX6hxG9ahHQK449KlCZj8Ay7_70cZ3z7Bl7tPl35hw4yTS_GSEQfV8Qh0CtS8jg8l7JYt3q2VzOrMlcI7n4cMwPHrXHEZSIDLs1o7ZnRpTiNA/s1600/jutta_burggraf_1997.jpg" /></a><span style="font-family: Georgia;">Come per esempio
“amore” o “coscienza”, la parola “libertà” è vittima di una iperinflazione che
ha finito per renderla banale, insufficiente, meramente decorativa. Inoltre c’è
il fatto che la libertà esperimenta troppo spesso i propri limiti in un mondo
di intrecci interpersonali sempre più fitti, in una società con tanti
protocolli, vincoli, regole, con tanti limiti alla libera scelta.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: Georgia;">Libertà
vissuta con la forza della fede</span></i></b><span style="font-family: Georgia;">
(Ares, 2010), uno degli ultimi scritti della teologa tedesca Jutta Burggraf
(1952-2010), è a questo riguardo una lettura illuminante. Chi lo presentasse
come un piccolo trattato di morale non andrebbe errato: temi come la coscienza,
le leggi morali, le passioni, la imputabilità delle azioni umane…, e senz’altro
la libertà, cioè i grandi temi del discorso sulla morale, sono al centro delle
riflessioni della Burggraf.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Ma c’è una cosa
in questo libricino (meno di duecento pagine) che mi ha colpito: il soggetto
dell’agire morale, il modello sul quale punta Jutta Burggraf nelle sue
disquisizioni, non è “l’uomo retto”, oppure “l’uomo coerente”, o altri
possibili personaggi ideali di questa guisa, bensì “l’uomo libero”. E ciò ha
una ragione profonda nella forza della fede di cui al titolo, che ci indica
che, tra tutte le fattezze che la libertà può assumere, nessuna è tanto carica
di dignità umana quanto quella libertà per la quale, come dice san Paolo nella
lettera ai Galati, Cristo ci ha liberato: una libertà che ci accosta alla
verità, al bene e alla bellezza molto di più di qualsiasi altra istanza, e cioè
non solo più della libertà intesa soltanto come autonomia personale, ma anche
più della legge o del senso del dovere, per esempio.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Forse è vero che
oggi i cristiani sono pochi. Ma niente li
costringe, anzi trovano tanti ostacoli per rimanere fedeli al loro progetto di
vita, a differenza di altri tempi nei quali l’ethos cristiano si
poteva vivere parassitariamente: sono liberi sotto il giogo di Cristo e liberamente tengono la barra diritta contro il pensiero dominante. Hanno una marcia in più, si chiami forza, fede o libertà.<o:p></o:p></span></div>
<br />
ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-25923677979533822872012-12-29T12:27:00.003+01:002012-12-29T18:42:43.943+01:00La verità di Anouilh<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkAtKkriG21kS7msWCQbrCC4oYngbysY9UYIrv9CExISGKi9ism0XcKhGXOjZQfIwRLmOzXnLo5FvNdjndw8sLpsqfo_jtW0B86eMux8UIXM9TKLPqPb4EaEDKkA0bNUuiSU9ul8vjySYd/s1600/becket.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="144" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkAtKkriG21kS7msWCQbrCC4oYngbysY9UYIrv9CExISGKi9ism0XcKhGXOjZQfIwRLmOzXnLo5FvNdjndw8sLpsqfo_jtW0B86eMux8UIXM9TKLPqPb4EaEDKkA0bNUuiSU9ul8vjySYd/s320/becket.png" width="320" /></a><span style="font-family: Georgia;">Oggi è la festa
di san Tommaso Becket. Infatti il 29 dicembre 1170, cioè 842 anni fa,
l’arcivescovo Tommaso Becket è stato assassinato nella cattedrale di Canterbury. “San Tommaso Becket, Vescovo e Martire”, è
adesso il suo nome ufficiale.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Nel secolo XX,
due testi teatrali di grande fortuna hanno reso omaggio alla sua figura: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Assassinio nella cattedrale</i>, di Eliot, e
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Becket
o l’onore di Dio</i></b>, di Jean Anouilh. Il film <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Becket</i>, un capolavoro degli anni sessanta, con Peter O’Toole e
Richard Burton, è un adattamento cinematografico dell’opera di Anouilh.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Libertino in
gioventù e oracolo della giustizia divina nell’età adulta, il Becket di Anouilh
non coincide esattamente con il Becket reale, il quale, pur rimanendo sempre
sostanzialmente fedele ai suoi impegni clericali, nel corso della vita ha
commesso grossi errori, sia morali che politici. È vero però che a un certo
punto, quando è diventato arcivescovo, c’è stata in lui una singolare presa di
coscienza del suo ruolo, e con ciò una radicale scelta di campo per “l’onore di
Dio”. Infatti la storia del suo rapporto con il re Enrico II è una sorta di
anteprima della vicenda che quattro secoli dopo vedrà protagonisti gli omonimi Tommaso
Moro ed Enrico VIII.</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">“Il re è la legge
scritta, ma c’è un’altra legge, non scritta, che finisce sempre per far chinare
il capo del re”, fa dire Anouilh a Becket. Non a caso Anouilh è anche autore di
una versione di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Antigone</i>.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Ma quanti credono
oggi a questa legge non scritta? Quanti credono a una verità morale eterna e
universale, che non cambia anche se si allargano o si restringono le maglie del
codice penale, anche se vengono depenalizzati il falso in bilancio o
l’interruzione della gravidanza, l’evasione fiscale o la pedofilia?</span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia;">Enrico II ha
chinato il capo, d’accordo: dopo l’assassinio di Becket si è ravveduto e ha
fatto penitenza pubblica. Dicono che il secolo XII è stato, più che qualsiasi
altro del Medioevo o dell’Età Moderna, il secolo della fede, e ciò
probabilmente fa la differenza tra Enrico II e i vari “re” di oggi, compreso
quel piccolo re eretto a modello di vita pratica che è l’uomo autonomo e
individualista delle società secolarizzate.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<span style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">“Il secolo XXI sarà religioso o non sarà”, disse a
suo tempo Malraux, ma non so se le cose stiano andando per quel verso. Comunque
la verità di Anouilh, cioè quella verità nobilitante di Becket e del suo
sacrificio nell’altare dell’onore di Dio e della legge non scritta, non perciò
è meno vera.</span><br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-15947991529896790582012-12-15T11:30:00.004+01:002012-12-15T11:31:56.953+01:00¡Demonios!<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWnYH4KwvrQeEbzQ6EN1WFd1GCNEk_gZziKzBxD7k3Ps50Z_e7oo2vu8lAnEjLw-d5S5hVpaKlE90ADUQu5WSU_lHsRGVxWt3SXhDvkDwBOmaeM7nHldOPgi7gyzCQnqZg4LGdHqxENpMV/s1600/angelcaido.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWnYH4KwvrQeEbzQ6EN1WFd1GCNEk_gZziKzBxD7k3Ps50Z_e7oo2vu8lAnEjLw-d5S5hVpaKlE90ADUQu5WSU_lHsRGVxWt3SXhDvkDwBOmaeM7nHldOPgi7gyzCQnqZg4LGdHqxENpMV/s320/angelcaido.jpg" width="320" /></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">En
este año consagrado como Año de la Fe, proponer la lectura de <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La fe
de los demonios</i></b>, de Fabrice Hadjadj (Nuevo Inicio, 2011), no es una
provocación: simplemente, hasta ahora no lo había leído y no había podido
recomendarlo.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">La fe de los demonios</span></i><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;"> parte de la
constatación de que los demonios, por malos que sean, creen en Dios: “También
los demonios creen”, se lee en la Biblia a propósito de la necesidad de las
obras para la salvación.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Hadjadj,
converso, no solo cree en Dios: evidentemente, también cree en los demonios.
Como esto no es algo demasiado común, aclaro que también la Iglesia cree en
ellos (véanse, en el <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Catecismo de la
Iglesia Católica</i>, los puntos </span><span style="font-family: "Times New Roman";"><a href="http://www.vatican.va/archive/catechism_sp/p1s2c1p7_sp.html#II La caída de los ángeles"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;"><span style="color: blue;">391 y
siguientes</span></span></a></span><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">). Hadjadj se los toma muy en serio, lo que no está
reñido con el buen humor. También cosas tan tremendas como el combate entre
ángeles y demonios del que cada alma es objeto se pueden tratar con
socarronería: “Si viéramos en frente de nosotros”, escribe Hadjadj, “lo que se
trama por encima de la permanente de una portera quedaríamos mucho más
sobrecogidos que por la mayor superproducción de Hollywood”.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Fabrice
Hadjadj, brillante, todavía joven, es un Maritain del siglo XXI. Lástima que a
veces le traicione un gusto excesivo por la paradoja. Por ejemplo, su discurso
sobre la fe de los demonios incluye la crítica de ciertos creyentes muy seguros
de sí mismos, pero esa crítica puede resultar en ocasiones un tanto
maximalista: “Entonar «Creo en Dios» sin abandonarse a Dios personalmente, sin
ofrecerse por entero, como el ruiseñor que pone todo su pequeño ser en cantar
sus trinos durante la noche, es correr el riesgo de la más grave falsedad”,
dice. De acuerdo, pero ¿quién puede decir honestamente que se ha ofrecido “por
entero”, que realmente se ha abandonado del todo en Dios? En vez de imponer el
logro de esas metas so pena de incurrir en “la más grave falsedad”, ¿no sería
más realista animar a esforzarse, a bregar por alcanzarlas?<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMYmMRy3KJ34fJ5oTp3TIoAQBHzDw_ITy-QRtGEjaecNMgfu14OG0R8NW79aHSQkSaWYdxHBhr4MAzZQgNYyfkUvpKXoJJLHf4YPcD3A-7iogfEz3gC21uWKHb4Uwfs6T3fLHby3h5apZ3/s1600/fabrice.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMYmMRy3KJ34fJ5oTp3TIoAQBHzDw_ITy-QRtGEjaecNMgfu14OG0R8NW79aHSQkSaWYdxHBhr4MAzZQgNYyfkUvpKXoJJLHf4YPcD3A-7iogfEz3gC21uWKHb4Uwfs6T3fLHby3h5apZ3/s320/fabrice.jpg" width="195" /></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">El
libro toca muchos temas. Es interesante, por ejemplo, la reflexión sobre la
aversión de los demonios, espíritus puros, a la fisicidad, en contraposición
con el apoyo que parece buscar siempre la gracia en lo material. En relación
con la inevitable figura del “cura gordo” que administra los sacramentos,
Hadjadj advierte juiciosamente sobre los límites de lo virtual y, más en
general, de los medios de comunicación de masas: “esos medios pesados, superiores
cuando se trata de vender una mercancía, son inferiores cuando se trata del
testimonio de la fe”. Paradójicamente, dice Hadjadj, es en el orden espiritual
donde más importancia tiene la presencia física. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">La fe de los demonios</span></i><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;"> termina con
un estimulante apartado final, «Que se cante el Credo» (pp. 271-274): lo
aconsejo, especialmente en este Año de la Fe, como introducción al Credo (no a
su contenido, sino a su espíritu). Ahí los demonios han desaparecido: ahí somos
nosotros, pobres criaturas de carne y hueso, quienes nos confrontamos con la
fe. <o:p></o:p></span></div>
<br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-53149518916941245862012-11-30T19:57:00.000+01:002012-12-01T16:12:05.515+01:00Aunque fuera ciega<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFbbBr7QWQEhJwsICAUMVEAj_QOWRhPsTnF5wEjnd1C2SKz_Mof2wMN9ya9MtwkbuBAaZ2NNqbktjSvu2oV9lHdOJPbwP0y1AJIdvMo-wSklwtMPmlG9Cw4PHzO5j3cHbP8E2tMsvV_ZB3/s1600/barajas.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="139" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFbbBr7QWQEhJwsICAUMVEAj_QOWRhPsTnF5wEjnd1C2SKz_Mof2wMN9ya9MtwkbuBAaZ2NNqbktjSvu2oV9lHdOJPbwP0y1AJIdvMo-wSklwtMPmlG9Cw4PHzO5j3cHbP8E2tMsvV_ZB3/s320/barajas.jpg" width="320" /></a>Llevaba cinco minutos arrastrando mi maleta por los pasillos de Barajas, cuando una chica que iba unos tres metros por delante se paró y se volvió hacia mí.<br />
<br />
“¿Sabe cómo se va al metro?”
<br />
<br />
Me detuve a su altura. <br />
<br />
“No, no soy de Madrid”, le respondí, “pero está indicado”.
<br />
<br />
“Ya, pero yo no puedo verlo”.
<br />
<br />
Solo entonces me di cuenta: sus ojos eran opacos como chinchetas. Me quedé un poco cortado, para qué negarlo, aunque ella no parecía sentirse agraviada.
<br />
<br />
“No, si yo sé ir”, siguió diciendo, “lo he hecho ya otras veces. Pero estoy más segura si voy con alguien”.
<br />
<br />
“Vale, pues a ver si entre los dos lo conseguimos”. Me halagaba el hecho de que una mujer joven confiara en mí, aunque fuera ciega.
<br />
<br />
La chica empezó a andar a buen paso, ayudada por una vara blanca con la que iba barriendo el espacio que tenía delante, en previsión de posibles obstáculos. Cuando llegaba a un tramo de tapis roulant no dejaba de caminar, y si había alguien parado lo detectaba antes de que la vara tropezara con él: aminoraba un poco la marcha, restringía el barrido de la vara por el lado de la persona parada, para no tocarla, se deslizaba por el lado que quedaba libre y volvía a caminar deprisa. Yo iba detrás de ella.
<br />
<br />
“¿De dónde vienes, sin maletas?”, le pregunté.
<br />
<br />
“Vengo de la terminal nada más”, declaró. “He venido a despedir a mi novio, que se iba de viaje”. <br />
<br />
Ris ras, ris ras… La vara recorría con precisa regularidad las estrías del tapis roulant.
<br />
<br />
“Esto es muy largo, tú”, le dije.
<br />
<br />
“Sí, ya lo sé, lo he hecho otras veces: se va recto un rato largo y luego se tuerce a la izquierda”. Y añadió: “Pero si no voy con alguien, igual me paso. Gracias”.
<br />
<br />
“De nada, porque yo voy al metro también”.
<br />
<br />
Ris ras, ris ras… Al fondo, una flecha desviaba hacia la izquierda a quienes iban al metro.
<br />
<br />
<br />
“¿Es aquí?”, preguntó.
<br />
<br />
“¡Sí, qué buena memoria!”. Darle coba era un modo de dármela a mí mismo: que una mujer joven confiara en mí me hacía sentirme importante, aunque fuera ciega.<br />
<br />
Había que bajar unas escaleras mecánicas. Delante de la embocadura, un panel portátil informaba de una estación cerrada por obras.
<br />
<br />
“Ojo, aquí hay una cosa”. Y le agarré un momento de la manga para ayudarle a sortear el obstáculo.
<br />
<br />
Llegamos a la estación de metro. Yo miraba por todas partes sin sacar en claro hacia dónde tenía que ir.
<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSPHk4FSneuu4jNeo3ro1wtUeh0RaZIzJIm_Q7Ye2eea_RP-NXzOG4Ux2x38BUU8NG2t6LCdXOFObQWWRuiu_QwSCsoZEO5R56L4p_04-YcxZl9YT0IJELdCjn2_aKGZHPLkXDbE_ecpMn/s1600/ciega.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="183" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSPHk4FSneuu4jNeo3ro1wtUeh0RaZIzJIm_Q7Ye2eea_RP-NXzOG4Ux2x38BUU8NG2t6LCdXOFObQWWRuiu_QwSCsoZEO5R56L4p_04-YcxZl9YT0IJELdCjn2_aKGZHPLkXDbE_ecpMn/s320/ciega.jpg" width="275" /></a>“¿Tiene billete?”
<br />
<br />
“No. Si te quedas aquí, voy a comprarlos”.
<br />
<br />
“Yo ya lo tengo, no hace falta, gracias”. Y tras una pausa brevísima repitió: “Muchas gracias. Adiós”. Y sin dejar de sonreír marchó hacia el andén.
<br />
<br />
Me encaminé, no sin cierta satisfacción, a la taquilla, que finalmente había localizado.
<br />
<br />
Me halagaba el hecho de que una ciega hubiera confiado en mí, aunque fuera joven (ella).
<br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-61954305966225370812012-11-16T15:57:00.001+01:002012-11-16T16:02:14.723+01:00Ungaretti: poeta perché soldato<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpWTg6QD9LaiB0tDHjsDFBkqwV9dXilPQOO1QEJOfr99MY6OZhwfSCjxMB0OcDNgLlrwA5y8ZSH14_d0GpoCWZ-YoVCdl7ot6-yntDnDGEM3PcgGQ6XGhPfWEWnXz1CFaiP_b7bUdg_Pev/s1600/ungaretti.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpWTg6QD9LaiB0tDHjsDFBkqwV9dXilPQOO1QEJOfr99MY6OZhwfSCjxMB0OcDNgLlrwA5y8ZSH14_d0GpoCWZ-YoVCdl7ot6-yntDnDGEM3PcgGQ6XGhPfWEWnXz1CFaiP_b7bUdg_Pev/s320/ungaretti.jpg" width="208" /></a><span style="font-family: Georgia;">Nel mese di agosto ho
trascorso alcuni giorni in un paesino di montagna della provincia di Brescia,
in un ostello accogliente e in bella compagnia di persone e di libri. Tra
questi, una antologia di Ungaretti curata da Giovanni Raboni tanti anni fa per
Mondadori: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vita d’un uomo</i></b>. Il titolo è lo stesso dato da Ungaretti
all’insieme della sua opera, ma questa è soltanto una antologia di un centinaio
di poesie.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Giuseppe Ungaretti ha
combattuto nella prima guerra mondiale. Dal posto dove mi trovavo, certe gite
mi hanno condotto ad alcuni scenari di quella guerra che adesso, con i
ghiacciai ritirandosi sempre più velocemente, rivelano le loro antiche trincee
dopo anni di nascondimento. Sulla cima del Vioz si vedevano baracche e
camminamenti dell’esercito austriaco appena riemersi dalla coltre di ghiaccio,
e un elicottero che faceva avanti e indietro per trasportarvi il materiale atto
per le prospezioni.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Oggi la nostra Europa,
l’Europa del nobel della Pace, vede le vestigia di quella guerra con un misto
di ammirazione e di tenerezza. Ungaretti vedeva sicuramente poco da ammirare in
se stesso quando scriveva quei quattro versi lapidari:</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Si sta come<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: Georgia;">d’autunno <o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: Georgia;">sugli alberi<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: Georgia;">le foglie.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Del giovane Giuseppe
Ungaretti, la guerra ha fatto un poeta. Poi, dopo un cupo periodo intermedio di
dichiarazioni di stanchezza e di inni alla morte, altre esperienze, come la
morte della madre o del figlioletto Antonio, di nove anni, nel 1939, hanno dato
luogo a poesie strazianti, bellissime, intrise addirittura di comunione con il
divino. Ma la poesia in lui non nasce con quei sentimenti sublimi e laceranti:
era nata dal grembo della guerra, come un fiore che spunta dallo sterco.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">È il bello della poesia; oppure, se vogliamo, è il
bello di questo mondo schifoso.</span><br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-75651171240296257082012-10-28T09:50:00.001+01:002012-12-17T15:54:44.114+01:00A proposito di Ratzinger: la libertà redenta<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbJFU5xoPLjhfwXANm4Tr-mNitErxGcuweAUzrlg6llLCBJ2C4tkihcGxJXjs-__9KD0decvOuGqeOUz0jgdlXRDRVmc47Icg129kXLkUzUMrjt8ZH-eMki1hQR5mZFgAncdZ7wuPFw1Ib/s1600/koch.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbJFU5xoPLjhfwXANm4Tr-mNitErxGcuweAUzrlg6llLCBJ2C4tkihcGxJXjs-__9KD0decvOuGqeOUz0jgdlXRDRVmc47Icg129kXLkUzUMrjt8ZH-eMki1hQR5mZFgAncdZ7wuPFw1Ib/s1600/koch.jpg" /></a><span style="font-family: Georgia;">Il cardinale Kurt Koch,
classe 1950, è un teologo che il cosiddetto destino ha messo prima a capo della
diocesi di Basilea e poi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Nel suo caso il destino
si chiama il capitolo del duomo di Basilea, per il primo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">avatar</i> (a Basilea c’è una consuetudine secondo la quale il vescovo
viene eletto dai canonici, anche se poi chi lo nomina è il Papa); e
naturalmente Benedetto XVI, per il secondo. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: Georgia;">Il mistero del granello di senape</span></i></b><span style="font-family: Georgia;"> (Lindau, 2012) è un suo volume di 400 pagine sulla
teologia di Joseph Ratzinger, ovvero Benedetto XVI. Di lui Koch è un deciso
sostenitore, e sottolineo la parola deciso (che sia un sostenitore è scontato,
essendo stato dal Papa nominato per il posto in Vaticano). Per esempio, Koch è
l’anima delle riunioni estive di discepoli di Ratzinger che si tengono tutti
gli anni a Castelgandolfo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Koch smise tempo fa i
panni di teologo di grido per diventare pastore, ma il suo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">background</i> di teologo lo rende particolarmente efficace quando, da
pastore, deve affrontare certi lupi travestiti di teologi come Hans Küng e
Hermann Häring, critici feroci di Benedetto XVI e bersaglio del più lungo dei
saggi contenuti in questo volume. Altri saggi pure degni di nota, meno polemici
ma secondo me forse più interessanti, sono i dedicati alla teologia della
storia di san Bonaventura e al senso cristiano della libertà, sempre nel
pensiero di Ratzinger.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Una idea che percorre tutto
il libro, e anche uno dei capisaldi della diatriba contro Häring, è che la
Bibbia non parla soltanto del passato, cioè del momento della stesura dei suoi
vari frammenti, ma del presente, perché nella Bibbia parla Cristo. Ad alcuni
credenti sembrerà ovvio, ma comunque anche se lo è va esplicitato: la Bibbia
parla di noi. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">De te fabula narratur</i>,
si diceva una volta.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPd2Vjgqa6CUEK2vfKwLibe-j5N12ke1HvK3faAMXX5OKepc7CHIxW1ztV9jLijYaKk9WFDKNT_g-TgBor95G7cIUGzoysByrnul-oEBKZm-H5HKO6K93zSOwEMey3RpLLXH3ctoCbc2xS/s1600/bonaventura.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPd2Vjgqa6CUEK2vfKwLibe-j5N12ke1HvK3faAMXX5OKepc7CHIxW1ztV9jLijYaKk9WFDKNT_g-TgBor95G7cIUGzoysByrnul-oEBKZm-H5HKO6K93zSOwEMey3RpLLXH3ctoCbc2xS/s200/bonaventura.jpg" width="200" /></a><span style="font-family: Georgia;">Ciò si ricollega a una
verità che nel medioevo insegnava Bonaventura in polemica con Gioacchino da
Fiore, ripresa ora da Ratzinger nei confronti di certi messianismi
postconciliari, e cioè che la rivelazione di Dio avviene nella storia, ma è
soprastorica. Quindi mai su questa terra raggiungeremo il punto omega del
nostro essere: siamo condannati a questa esistenza nostra che sappiamo stentata
e imperfetta. Eppure… <o:p></o:p></span></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiixkbDODYxjBsJs2CwD_UsPUtKq2LvC5v7K3uJfgMgFeLz3t1y7TUF9tADPNCVJGxkXHJgWS4hMZTidYN4fvvNPWr6C50s8ISKdrhyV_2_R3zjyxKxhx6W3K7Y6RmhXebEkQOa1-67CILU/s1600/gioacchino_da_fiore_g_greco.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiixkbDODYxjBsJs2CwD_UsPUtKq2LvC5v7K3uJfgMgFeLz3t1y7TUF9tADPNCVJGxkXHJgWS4hMZTidYN4fvvNPWr6C50s8ISKdrhyV_2_R3zjyxKxhx6W3K7Y6RmhXebEkQOa1-67CILU/s200/gioacchino_da_fiore_g_greco.jpg" width="139" /></a><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Eppure siamo liberi,
proprio perché Cristo redentore, cioè liberatore, c’entra con il nostro
presente e non soltanto con la Palestina di duemila anni fa; ed è grazie alla
libertà che possiamo guadagnare la sponda di quella esistenza soprastorica,
divina, da tutti agognata.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Georgia;">“La libertà è un
trampolino di lancio per tuffarsi nel mare infinito della bontà divina”, ha
detto una volta Benedetto XVI, in visita a un carcere minorile, “ma può
diventare anche un piano inclinato sul quale scivolare verso l’abisso”. Da qui
il discorso sulla “libertà redenta”, espressione ridondante ma luminosa, molto
amata da Ratzinger.</span></div>
<span style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Come a quei ragazzi le mura del carcere, anche a
noi la gabbia dell’esistenza terrena ci sta stretta, non è vero? Eppure...<o:p></o:p></span></div>
<br />
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-72448961397606177912012-10-14T15:39:00.001+02:002012-10-14T15:40:40.287+02:00Fede e verifica secondo Ratzinger<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoHDLrjRt6ebcRtXPmQJ6c0YhEKM9-jghRup_hp4m_or8wcVTvZlqqzl-jKMo4Fb2Q4BCdfkSvANHKb4CcO7LePTG5kCVX4PNbIVUqdhM4V0hyphenhyphenFlY5vaAXlQ-ZEF6niIvKWHYRgJQgX-Qq/s1600/ratzinger.bmp" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoHDLrjRt6ebcRtXPmQJ6c0YhEKM9-jghRup_hp4m_or8wcVTvZlqqzl-jKMo4Fb2Q4BCdfkSvANHKb4CcO7LePTG5kCVX4PNbIVUqdhM4V0hyphenhyphenFlY5vaAXlQ-ZEF6niIvKWHYRgJQgX-Qq/s1600/ratzinger.bmp" /></a>Tra i fatti storici caratterizzanti la nostra società, la crisi del cristianesimo è uno dei più evidenti. La Chiesa perde pezzi, l’individualismo morale e religioso dilaga. Perciò la lettura di un libro come <strong>Guardare Cristo</strong>, del Ratzinger non ancora Papa (Jaca Book, 1989), mi sembra estremamente utile per orientarsi tra le svolte o pseudo svolte del momento presente. La sua origine nella predicazione (un ritiro per sacerdoti di Comunione e Liberazione) non deve trarre in inganno: <em>Guardare Cristo</em> è anche una luminosa analisi fenomenologica sul luogo della fede nel contesto culturale odierno.
<br />
<br />
Dopo un magistrale confronto tra l’agnosticismo oggi dominante e la fede (l’agnosticismo risulta più squisito intellettualmente, ma è esistenzialmente inconcludente), Ratzinger rivolge uno sguardo al passato. “La Chiesa antica dopo la fine del tempo apostolico”, scrive, “sviluppò come Chiesa un’attività missionaria relativamente ridotta, non aveva alcuna strategia propria per l’annuncio della fede ai pagani”. Eppure “il suo tempo divenne un periodo di grande successo missionario”. La conclusione è ovvia, come altrettanto ovvia è la differenza tra il cristianesimo primitivo e quello degli ultimi decenni. “La conversione del mondo antico al cristianesimo non fu il risultato di un’attività pianificata, ma il frutto della prova della fede nel modo come si rendeva visibile nella vita dei cristiani e nella comunità della Chiesa (…). Viceversa l’apostasia dell’età moderna si fonda sulla caduta di verifica della fede nella vita dei cristiani”. Dove per “apostasia” si deve intendere, mi sembra, “agnosticismo”, cioè l’atteggiamento che, malgrado i suoi limiti pratici nei confronti della fede, oggi trova un così largo consenso tra le coscienze.<br />
<br />
C’è di più. “La nuova evangelizzazione, di cui abbiamo oggi così urgente bisogno, non la realizziamo con teorie astutamente escogitate: l’insuccesso catastrofico della catechesi moderna è fin troppo evidente”. E chi scrive queste parole è lo stesso Joseph Ratzinger che, come Papa, ha creato un pontificio consiglio e ha indetto un sinodo per la nuova evangelizzazione. Non so cosa penseranno, i padri sinodali riuniti a Roma, di parole così pessimistiche del loro datore di lavoro.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgND2M3PPAM8sOgF9mIvgypqK6A_t_e5elYQEwy3Bq5OGfvCkTdLLh3ry8rZbRnj6RDrTOPllyTDPstFWnyjPfM4zJs4twpjQfE1FGDseewar_z1MEletnmE-YtbsFnEZJS0vhkuYQPHPv0/s1600/guardare.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgND2M3PPAM8sOgF9mIvgypqK6A_t_e5elYQEwy3Bq5OGfvCkTdLLh3ry8rZbRnj6RDrTOPllyTDPstFWnyjPfM4zJs4twpjQfE1FGDseewar_z1MEletnmE-YtbsFnEZJS0vhkuYQPHPv0/s320/guardare.jpg" width="227" /></a>E allora? Allora non ci resta, a noi credenti, che prendere sul serio la questione della verifica della fede nella propria vita: “Soltanto l’intreccio tra una verità in sé conseguente e la garanzia nella vita di questa verità può far brillare quell’evidenza della fede attesa dal cuore umano; solo attraverso questa porta lo Spirito Santo entra nel mondo”, dice Ratzinger. E naturalmente non sta parlando soltanto della vita dei sacerdoti: parla di sacerdoti, religiosi e laici; quindi anche di me.<br />
<br />
La Chiesa è programmaticamente santa (una, santa, cattolica, apostolica), ma sociologicamente talvolta non lo sembra. Nel calendario liturgico c’è una settimana in cui i fedeli sono invitati a pregare per l’unità della Chiesa, la cosiddetta settimana per l’unità dei cristiani. Ci vorrebbe, secondo me, qualcosa di simile per la santità della Chiesa; ovvero per la santità dei cristiani, che in questo senso (in senso sociologico) è la stessa cosa.
<p></p><p></p>ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-85935003648937848812012-09-29T15:09:00.001+02:002012-09-29T15:15:46.765+02:00Pagnol entre la novela y el cine<strong><em>La hija de los manantiales</em></strong> se lee de un tirón. Una vez que la primera parte de la novela, <em>Jean de Florette</em>, ha creado el mundo en el que situarse, una vez que ha mostrado en detalle todos los elementos físicos y humanos del escenario, el desenlace de la historia es una cascada imparable, un vértigo catártico de emociones hasta el sorprendente final.
<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF9Wvtzmvu0I7YtcnSsY2xXCXJnp6zaNah0Juu8ZCQp13bc3Z54DQd-VFfJlquuOeUjGNADNiOpp6erVliJwGpE9kC9ULMg73gTgvRDORuXI325ypzE5c5GwpVjBgyxnKFMl3S-SQcPjSq/s1600/pagnol2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiF9Wvtzmvu0I7YtcnSsY2xXCXJnp6zaNah0Juu8ZCQp13bc3Z54DQd-VFfJlquuOeUjGNADNiOpp6erVliJwGpE9kC9ULMg73gTgvRDORuXI325ypzE5c5GwpVjBgyxnKFMl3S-SQcPjSq/s320/pagnol2.jpg" unselectable="on" width="320" /></a>Manon, la pastora de cabras, saldrá victoriosa: vengará la muerte de su padre y acorralará a sus enemigos. “Hay que tener muy podrido el corazón para negarse a hacer un milagro cuando el Señor te lo permite”, espeta en cierto momento a todo el pueblo, que ha sido cómplice pasivo del Papet. El milagro era el agua, aquella agua que la tierra había negado obstinadamente a su padre.<br />
<br />
Contemporáneo de Pagnol es Saint-Exupéry, que además, aunque nacido en Lyon, era de origen provenzal, si no me equivoco. En<em> Ciudadela</em> habla, en cierto momento, de una ciudad que se ha encerrado tras sus murallas en torno a un pozo del desierto, y a la que solo se puede acceder haciendo que lo que da sentido a aquellas murallas deje de tenerlo: por ejemplo, creando un lago fuera de las murallas.<br />
<br />
Bueno, pues eso es lo que hace Manon, y en su gesta sencilla y humana hay ciertamente algo de milagroso, de sublime. No cuento nada más, porque la historia ha de ser descubierta personalmente por cada uno. Solamente aconsejo la lectura.
<br />
<br />
Naturalmente, aconsejo también la visión, porque de las dos partes de <em>El agua de las colinas</em> hay dos películas bastante buenas, al menos para mi gusto. Las rodó Claude Berri en los años ochenta, y seguramente son más conocidas que el libro, entre otras cosas por su reparto: Yves Montand, Gérard Depardieu, Emmanuelle Béart…
<br />
<br />
<em>El agua de las colinas</em>, ya que estamos en materia —con el cine hemos topado—, es un producto bien singular, pues no nació como novela, sino como guión. En los años cincuenta, en efecto, Pagnol escribió —y dirigió— dos películas con la historia de Manon, y diez años después convirtió esa misma historia, con algunos cambios, en dos novelas. Es decir, el díptico de Berri es cine basado en novela que a su vez se basa en cine.
<p></p><p></p>ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-14766410457897010592012-09-15T21:01:00.002+02:002012-09-15T21:02:54.132+02:00La Provenza de Marcel Pagnol<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhngM7J9rr2SE_IgnfUplHu_PzW8nJfQaZHdpb3zIYI0q8VNL24HP3oPlI03uADDfULfeM2ao8iWB2DpQvIcZk32uLEWBO2tTO-iZixI_bDCOGefm-UZNfPT8hKpsyvrqXB-pPB0oJPJLMQ/s1600/pagnol1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhngM7J9rr2SE_IgnfUplHu_PzW8nJfQaZHdpb3zIYI0q8VNL24HP3oPlI03uADDfULfeM2ao8iWB2DpQvIcZk32uLEWBO2tTO-iZixI_bDCOGefm-UZNfPT8hKpsyvrqXB-pPB0oJPJLMQ/s1600/pagnol1.jpg" /></a>No sé cómo se llama una novela formada por dos libros. ¿Díptico? La de tres es una trilogía; la de cuatro, una tetralogía; la de dos, no lo sé.
<br />
<br />
<em><strong>El agua de las colinas</strong></em>, de Marcel Pagnol (1895-1974), compuesta por <em>Jean de Florette</em> y <em>La hija de los manantiales</em>, sería una de esas novelas. Es muy distinta de otras en las que uno puede pensar, por ejemplo el Quijote: en esta, tanto la primera como la segunda parte tienen por protagonista a Don Quijote; en <em>El agua de las colinas</em>, en cambio, cada parte tiene su propio protagonista. En castellano, que yo sepa, hay solo una edición de hace muchos años, en la colección Novelas y Cuentos (Magisterio, 1977). Es una novela que se merecería algo más.
<br />
<br />
Pagnol ambienta su historia en Provenza, su tierra de origen. Tierra de trovadores, orgullosamente mediterránea, indiferentemente francesa, tentadora tras sus fronteras abiertas. Los condes de Barcelona en la Edad Media y Mussolini en 1940 intentaron arrebatarla a la esfera de influencia de la <em>langue d’oil</em>, en ambos casos sin éxito. Para los primeros, la unión del valle del Ebro y el del Ródano resultó imposible por la tensión geopolítica del valle del Garona, que se encaja entre ambos y corre en otra dirección; y también por la tensión religiosa generada por el catarismo albigense, que los Capetos tomaron como excusa para bonificar a su gusto la región. Pero Provenza sigue siendo hoy un recuerdo vivo en Barcelona: en el Eixample, entre las calles que recuerdan la geografía de la antigua Corona de Aragón (Aragón, Valencia, Mallorca, Rosellón, Cerdeña, Sicilia, Nápoles…), no falta un “carrer de Provença”.
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkuSC-gR6jos3tUteZoj3mjvh6vIKVeKbdc60orcS8prE5qx7lUCHo-wofA5qvd2acft1zK3T4CDBtG95yEGPeAbXuL0x_kefE78F3WA3kMY9YyNolqqz43KNosMOW5nvBtLCp5uFZ_aX1/s1600/colinas.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkuSC-gR6jos3tUteZoj3mjvh6vIKVeKbdc60orcS8prE5qx7lUCHo-wofA5qvd2acft1zK3T4CDBtG95yEGPeAbXuL0x_kefE78F3WA3kMY9YyNolqqz43KNosMOW5nvBtLCp5uFZ_aX1/s320/colinas.jpg" width="213" /></a><br />
<em><strong>Jean de Florette</strong></em>, volviendo a la novela, es el nombre del padre de Manon. Bueno, su nombre es Jean: Florette es el de su madre, porque los personajes de esta historia no llevan un nombre y un apellido: llevan su nombre y el de su madre. Me parece muy sabio: quién es tu madre dice mucho más de ti que quién fue el antepasado por línea paterna que fijó su apellido y el tuyo.
<br />
<br />
Jean es uno de esos tipos que me gustaría tener como amigo: idealista, trabajador, hospitalario, culto… También ingenuo, reconozcámoslo: tiene algo de cátaro, al menos en su sentido etimológico de “puro”. Eso sí, cuando las cosas no le vayan bien pasará de la ingenuidad a la desesperación; y acabará bebiendo y maldiciendo a Dios.<br />
<br />
El Papet, su antagonista, es de otra pasta. Ambicioso y carente de escrúpulos, es también, sin embargo, un hombre marcado a fuego por el dolor, un dolor que el destino, en cierto momento, convertirá en expiación. Esto en realidad pertenece ya a la segunda parte: a la historia de Manon. Pero discurre subterráneamente también en la primera, como esa agua de las colinas que Jean de Florette busca bajo sus pies; como esas corrientes de dolor que todos sentimos alguna vez y que quizá desearíamos cegar, aunque nos hablan de amor.
<p></p><p></p>ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-23360709411830094142012-08-31T10:22:00.000+02:002012-08-31T10:29:25.293+02:00Thomas Mann in esilio<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_h6cme7qouyaSmiYec5iLV9GS28PmLaGj4_ZLKeNVbL1ZlvS1p6c4tspV6Mvz-9EGNjZzcUMppBvesHt7T22CbZqZMOY8b6taO3eqHf9YNbfuBk9K9IflrBoB1vYK4BtMA0BDEY_6p_ks/s1600/monaco.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" fea="true" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_h6cme7qouyaSmiYec5iLV9GS28PmLaGj4_ZLKeNVbL1ZlvS1p6c4tspV6Mvz-9EGNjZzcUMppBvesHt7T22CbZqZMOY8b6taO3eqHf9YNbfuBk9K9IflrBoB1vYK4BtMA0BDEY_6p_ks/s320/monaco.jpg" width="320" /></a>Correva l’anno 1933, e trovandosi in viaggio in Svizzera per un giro di conferenze, Mann ha saputo dell’avvento al potere di Hitler in Germania. A quel punto ha deciso di non tornare in patria. La decisione sarà revocata soltanto dopo la seconda guerra mondiale, e così <i>Giuseppe in Egitto</i> e <i>Giuseppe il nutritore</i>, parti terza e quarta di <i>Giuseppe e i suoi fratelli</i>, saranno scritte in esilio, tra la Svizzera e gli Stati Uniti.</div>
<br />
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">
Per la verità, anche le due prime parti, <i>Le storie di Giacobbe</i> e <i>Il giovane Giuseppe</i>, non ancora pubblicate all’inizio del 1933, si vedranno investite dalle circostanze politiche, ma grazie a Dio il pericolo peggiore, che era quello della distruzione, sarà evitato. La casa di Monaco di Thomas Mann è subito requisita dalla polizia, ma i manoscritti sono presto messi in salvo grazie al sangue freddo della figlia Erika, che effettua una audace incursione nella casa e li porta via. Saranno pubblicati negli anni 1933 e 1934.</div>
<br />
Si può dire che a questo punto la biografia dello stesso Mann entra in sintonia con l’avventurosa vicenda del simpatico personaggio biblico: entrambi conoscono una sorta di discesa agli inferi. Infatti nelle prime pagine di <i><b>Giuseppe in Egitto</b></i> c’è un riferimento esplicito a questa situazione: come Giuseppe a un certo punto, dopo essere stato venduto dai fratelli, arriva in Egitto in esilio forzato, scrive Mann, così l’autore, proprio quando si avvia a raccontare quel momento della vita di Giuseppe, ha dovuto prendere la strada dell’esilio.<br />
<br />
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlaOcLc_eE_L-rMlpstqhyLCBFBurtnsxaQ4-f6K36sxWlzlBzSci_PAUvRo30vkGJkPhV2OOxwjx7-FjRygW0A3WdVuGUsFSTMvddHSQ8X7O6bh0QkYgfrZG1w1mdgya8_n9ArK-Yc6P_/s1600/giuseppe2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" fea="true" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlaOcLc_eE_L-rMlpstqhyLCBFBurtnsxaQ4-f6K36sxWlzlBzSci_PAUvRo30vkGJkPhV2OOxwjx7-FjRygW0A3WdVuGUsFSTMvddHSQ8X7O6bh0QkYgfrZG1w1mdgya8_n9ArK-Yc6P_/s320/giuseppe2.jpg" width="270" /></a>Ma Giuseppe, come sa chi ha letto la Bibbia, conoscerà ancora una seconda discesa agli inferi, per via del famoso incidente con la moglie di Potifar. È un fatto interessante, oltre la sua evidente morbosità. René Girard, per esempio, ha rilevato l’analogia tra Giuseppe e Edipo, riscontrabile pure, secondo lui, in altre figure mitiche di ambiti culturali molto diversi. Come il tragico personaggio greco, Giuseppe è innocente ma viene presentato —agli egiziani— come autore di un delitto sessuale che infrange le fondamenta dell’ordine sociale. Ma attenzione, dice Girard, in Giuseppe (e cioè nella Bibbia) c’è una specificità, c’è una differenza radicale con le storie di Edipo e consimili malcapitati: lui alla fine sfuggirà il destino, supererà la maledizione che la sua pseudo colpa gli impone.</div>
<br />
Infatti, dopo questa seconda discesa agli abissi risalirà non già fino alla casa di Potifar, ma fino alla corte del faraone. La storia è conosciuta, o almeno dovrebbe esserlo. Comunque vale la pena di leggerla, sia nella Bibbia che nella versione di Thomas Mann, anche perché è proprio nel raccontare queste oscillazioni capricciose della fortuna dove l’arte letteraria di Mann, che non lascia niente al caso e tutto ordina con precisione e rigore, forse più alto vola. ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-76091656837672495772012-08-17T10:43:00.000+02:002012-08-17T10:47:25.724+02:00Thomas Mann: una lettura della Bibbia<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitbXAsJHg44jHa8gV43tMZ6JHDso0Wl1GPx_zOrABjMO_tL-ggtzsI8rPGd7I1a4V6m-9Y-KFnkhr4Am2nKMj-1C2MOujA9_KzvcgwVst67Rm4DsF2POt3_2nOi6m1BgocJxw2YfB_QLJ0/s1600/giuseppe1.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="205" mda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitbXAsJHg44jHa8gV43tMZ6JHDso0Wl1GPx_zOrABjMO_tL-ggtzsI8rPGd7I1a4V6m-9Y-KFnkhr4Am2nKMj-1C2MOujA9_KzvcgwVst67Rm4DsF2POt3_2nOi6m1BgocJxw2YfB_QLJ0/s320/giuseppe1.JPG" width="320" /></a>Esistono le trilogie, storie in tre libri, molto amate dagli autori inglesi e francesi. Ed esistono pure le tetralogie, amate piuttosto, mi sembra, dagli scrittori tedeschi: quattro romanzi che compongono una unica storia. Per esempio, quel capolavoro di Thomas Mann che ha per titolo <i><b>Giuseppe e i suoi fratelli</b></i>, reperibile, in italiano, in una bella edizione di Mondadori in quattro volumi con cofanetto (2006). </div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<i>Giuseppe e i suoi fratelli</i>, che ha impegnato Mann per ben due decenni della sua vita, dal 1924 al 1943, ha complessivamente duemilatrecento pagine. Ma nella Bibbia che ho in casa il racconto delle vicende di Giacobbe e Giuseppe, che è la materia della tetralogia di Mann, di pagine ne occupa quaranta. Quindi possiamo dire, con barzelletta banale, che il Mann, che in tedesco sta per l’uomo, ha messo parecchie sue parole sopra la Parola di Dio. </div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
Sì, certamente lo ha fatto; ma lo ha fatto molto bene. Mann ha studiato tantissimo l’antichità mediorientale, e in particolare le religioni; poi ha stabilito un preciso scopo di argomentazione (una riappropriazione del mito in senso umanistico, di fronte all’apoteosi dei miti pagani nella Germania prebellica); e infine si è votato a tessere in tutti i possibili particolari, con la sua scrittura torrenziale e affascinante, ciò che può essere stato la storia di Giuseppe. </div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
Per esempio, nel secondo volume, <i><b>Il giovane Giuseppe</b></i> (il primo è <i>Le storie di Giacobbe</i>), Mann ci fa immaginare la formazione che ha impartito a Giuseppe un vecchio maestro sapienziale di nome Eleazar. È un episodio che trovo molto gustoso: </div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
«“Dimmi, o figlio della Giusta”, gli domandava quando sedevano insieme all’ombra dell’albero degli ammaestramenti, “per quali tre ragioni Dio creò l’uomo per ultimo, dopo tutte le piante e tutti gli animali?” Giuseppe doveva allora rispondere: “Dio creò l’uomo per ultimo in base a tre ragioni: perché nessuno potesse dire di averlo aiutato nella creazione; perché l’uomo conoscesse l’umiltà e dicesse a se stesso: ‘Il moscone mi ha preceduto’; e infine perché l’uomo potesse subito sedersi a tavola come l’ospite per cui tutti quei preparativi erano stati fatti”». </div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjH6uMmV3Yp5nrBY_M0OHOxkG1FK96Ir2oHfmjSus1PAYoFAJZ8ruTTNvWYamrArsZrpcUa62LNCIbckAubYaDFh6rosqg43JW6cjTLpWL2vAIi9wSZVoLwnNDvSlDlhPZ2RirYxYJCP1tc/s1600/thomas.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" mda="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjH6uMmV3Yp5nrBY_M0OHOxkG1FK96Ir2oHfmjSus1PAYoFAJZ8ruTTNvWYamrArsZrpcUa62LNCIbckAubYaDFh6rosqg43JW6cjTLpWL2vAIi9wSZVoLwnNDvSlDlhPZ2RirYxYJCP1tc/s200/thomas.jpg" width="157" /></a>Devo dire che forse non tutto in <i>Giuseppe e i suoi fratelli</i> è compatibile con la esegesi cattolica del libro della Genesi; ma probabilmente in una percentuale molto alta lo è. Ovviamente i discorsi tra Eleazar e Giuseppe lo sono. Mann comunque era protestante, per cui non si faceva scrupolo di interpretare liberamente la Bibbia. </div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;">
<br /></div>
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">
In realtà, a me piacerebbe che anche in questo altri scrittori imitassero Thomas Mann. La Bibbia offre tante belle storie che chiedono di venire ripresentate! Penso, per esempio, alla parabola del figliol prodigo, che si potrebbe espandere moltissimo, a cominciare dalla storia della madre (dico io che il figliol prodigo avrà avuto, oltre al padre, anche una madre, no?), e che tanto potrebbe aiutarci a mettere a fuoco in senso trascendente le nozioni, per noi uomini decisive, di colpa e misericordia. </div>
<p></p><p></p>ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-56234092749556107892012-07-29T10:16:00.001+02:002012-09-29T15:10:37.068+02:00La fede cristiana spiegata da Lewis<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwIZHdp73KtoBR6K9n3tWw0xxtuH_zJz_O-Fxvq898mj6dXyLfb9du8t_kGjBvQuF1Mfpa7LnPJFT_6o6h8LcSIkpiHUFtRJUrEGidsMcSRlMrApBy7tRtk9G9DPh6KAYyx0sq9g5ph3ZQ/s1600/cristianesimo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwIZHdp73KtoBR6K9n3tWw0xxtuH_zJz_O-Fxvq898mj6dXyLfb9du8t_kGjBvQuF1Mfpa7LnPJFT_6o6h8LcSIkpiHUFtRJUrEGidsMcSRlMrApBy7tRtk9G9DPh6KAYyx0sq9g5ph3ZQ/s320/cristianesimo.jpg" width="220" /></a><span style="font-family: Georgia;">“Non perdere il tempo a pensare se
ami o meno il prossimo: comportati come se lo amassi”. È una delle tante idee
di un piccolo capolavoro dell’apologetica del XX secolo che ha per autore C.S.
Lewis e per titolo <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il cristianesimo così com’è</i></b>. In Italia si trova nel catalogo di
Adelphi.</span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Nato dalle varie puntate di una
trasmissione radiofonica andata in onda negli anni quaranta, ha un linguaggio
spigliato ma preciso, ironico ma accogliente. Non è soltanto un’opera di
divulgazione, è una riflessione sulla fede con tanti spunti originali,
d’autore.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span style="font-family: Georgia;">Soltanto l’uomo che si propone di
combattere tenacemente il male —dice per esempio Lewis a un certo punto— può
conoscere la portata della propria depravazione; colui che invece si arrende
alla tentazione dopo cinque minuti non s’immagina la forza che quella stessa
tentazione può raggiungere dopo un’ora. E io penso che è per ciò che i santi
parlano così male di se stessi. Comunque il ragionamento di Lewis non finisce
qui: di fronte alla pressione del male —continua— non ci resta che lasciar fare
a Dio, e ciò è fede. E a me sembra, nella sua semplicità, una bella definizione
di fede: se Dio è Dio, credere in Dio significa lasciarlo fare nella propria
vita.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: Georgia;">Il
cristianesimo così com’è</span></i><span style="font-family: Georgia;"> ha più di
sessant’anni, e ovviamente non si confronta con alcune questioni recenti che
adesso forse ci sembrano determinanti per il futuro della religione; ma è
meglio così, perché in realtà non sono per niente determinanti. Che aggiunge o
che toglie ai dati essenziali del cristianesimo l’accettazione sociale della
convivenza extramatrimoniale, della contraccezione, dell’omosessualità? Che
aggiungono o che tolgono alla verità del vangelo il caso Milingo o le carte di
Vatileaks? Niente.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<span style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Il mistero di Cristo va affrontato nella sua
sostanza, senza sofisticazioni e senza mistificazioni: così com’è.</span>
ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6457298083064049901.post-42078186912059326432012-07-15T09:56:00.000+02:002012-07-22T09:57:39.699+02:00En el espejo del teatro<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPdUVtWd7qJchJrnmBsfJxpof6td0AXxqm73-gSZTCwOrdEQCFSnSrh_iya0ThbEjHYa_OytmRP-JH5ECeTBaaF1hD6_9lG7j4YY6C8elnXDRUgZxkL-dqCTpsIBaDae4eBW9_3rBDIrOd/s1600/casona.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPdUVtWd7qJchJrnmBsfJxpof6td0AXxqm73-gSZTCwOrdEQCFSnSrh_iya0ThbEjHYa_OytmRP-JH5ECeTBaaF1hD6_9lG7j4YY6C8elnXDRUgZxkL-dqCTpsIBaDae4eBW9_3rBDIrOd/s1600/casona.jpg" /></a><span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Un
título como <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La barca sin pescador</i></b> hace pensar enseguida en un libro
confesional. En la imaginería católica, la barca es la Iglesia y el pescador
por antonomasia es san Pedro. Si además nos dicen que en el libro el causante
de que la barca esté vacía es el demonio, nos imaginaremos enseguida que <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La barca sin pescador</i> es un ensayo
polémico de tipo lefebvriano o algo por el estilo.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Naturalmente,
no es un alegato lefebvriano lo que más me apetece comentar en esta sede. Y
naturalmente, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La barca sin pescador</i>
no lo es: es una obra de teatro de Alejandro Casona. Estrenada en 1945, fue uno
de los grandes éxitos de Casona en Argentina, adonde había marchado tras la
guerra de España. He visto una edición reciente en un volumen de pequeño
formato (Edaf, 2009).<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">El
teatro de Casona, dicen algunos, quiere ser poético, como el de García Lorca,
pero solo es sentimental. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La barca sin
pescador</i> demuestra, en cambio, que Casona es sentimental, pero también
poético. De acuerdo, alguna vez hay notas falsas, incluso hay atisbos de
cursilería, porque también Casona, como Homero (y como García Lorca, vamos a
decirlo todo), de tanto en tanto dormita; pero el tono general de la obra,
tanto por lo que hace a la palabra como a la acción escénica, me parece
sugestivamente puro.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">Sale
el demonio, he dicho. Interesante personaje, que nadie sabe muy bien realmente
cómo es. Casona lo representa con rasgos bastante humanos, y creo que hace
bien. Hay un punto de <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Camino</i> que me
trae inmediatamente a la memoria al demonio de <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La barca sin pescador</i>: “El mundo, el demonio y la carne son unos
aventureros que, aprovechándose de la debilidad del salvaje que llevas dentro,
quieren que, a cambio del pobre espejuelo de un placer —que nada vale—, les entregues
el oro fino y las perlas y los brillantes y rubíes empapados en la sangre viva
y redentora de tu Dios, que son el precio y el tesoro de tu eternidad”. El
sacerdote y poeta Ibáñez Langlois glosa con entusiasmo en uno de sus libros esa
hermosa metáfora de Escrivá de Balaguer, tan eficaz para expresar la triste
realidad del pecado como estafa.<o:p></o:p></span></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLSogbSiwfZ9Gqfml2dZPJC9LfbfbDZGHKqToJ_G8qBtARXOPw37yqFpFKIQYUF_kTTXooOSruWhErJ-COfxkWjGdkDzoKkcLIMuaSqjUJjuCBdmIwz-8CBRcvKQxS6O1kDxNnqU4osDKA/s1600/caravaggiollabuonaventu.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="243" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLSogbSiwfZ9Gqfml2dZPJC9LfbfbDZGHKqToJ_G8qBtARXOPw37yqFpFKIQYUF_kTTXooOSruWhErJ-COfxkWjGdkDzoKkcLIMuaSqjUJjuCBdmIwz-8CBRcvKQxS6O1kDxNnqU4osDKA/s320/caravaggiollabuonaventu.jpg" width="320" /></a><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 0cm 0cm 0pt;">
<span lang="ES-TRAD" style="font-family: Georgia; mso-ansi-language: ES-TRAD;">También
el drama de Casona es una bella alegoría de esa verdad moral. Ricardo Jordán,
el protagonista, la experimenta en su propia carne. Pero además nosotros, el
público lector o espectador, si somos sinceros con nosotros mismos, la
reconocemos también como algo propio: como la comedia de los actores de
Elsinor, espejo de la vida, interpela a la madre y al tío de Hamlet, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La barca sin pescador</i>, igualmente imagen
de nuestra vida, nos reclama, nos conmueve y nos hiere.<o:p></o:p></span></div>
<br />ALFhttp://www.blogger.com/profile/13321325830154700552noreply@blogger.com0